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7.6.17

Un Appuntamento Per La Sposa (Laavor et hakir, 2016)
di Rama Burshtein

È semplicemente mostruoso cosa faccia Rama Burshtein con questa suo secondo film, di nuovo sul tema del matrimonio visto da un punto di vista femminile, come già Fill The Void. È mostruoso perché ancora più raffinato, complesso e stratificato del film precedente, che di certo era più lineare e convenzionalmente aderente ai dettami del cinema da festival.
Un Appuntamento Per La Sposa parte da una trama perfetta per una commedia sentimentale hollywoodiana, un intreccio buono per un canovaccio classico senza pretese, e lo stende così tanto, lo dilata, lo affronta a brutto muso con una tale mancanza di scrupoli da tramutarlo lentamente in un film da cui si viene spiazzati, spossati e vessati come la protagonista. Non è solo il matrimonio il rivale sul ring, ma indirettamente tutte le storie che idealizzano il matrimonio.

Michal è ebrea osservante e sta per sposarsi con un ortodosso. Stanno decidendo gli ultimi dettagli, sono proprio alla stretta finale tutta posti a tavola, menù e data già fissata, quando lui si tira indietro: “Non ti amo”. Michal allora prende la più incredibile delle decisioni: non cambia la data della cerimonia, di lì a poche settimane, confidando che Dio le fornirà un altro sposo. Con una delicatezza e una leggerezza incredibile questa sfida a Dio viene messa sul piatto e nel resto del film, come fosse una Jennifer Aniston o una Katherine Heigl di 10 anni fa, passerà di incontro in incontro casuale, vagliando pretendenti, sospirando e aspirando con una dignità impressionante ma anche una preoccupazione talmente intima che si ha l’impressione di essere gli unici tra il pubblico ad accorgersene.

Michal non è bellissima, e questa è già una scelta di casting formidabile, è determinata e vede davanti a sé l’ultima possibilità di sposarsi, è così determinata in quei primi piani stretti, così brava nella faccia e nelle espressioni di tensione trattenuta che le dona Noa Koler, che sembra sempre aver preso una decisione necessaria. La sua follia che solo a tratti sfocia nella commedia è un dramma a rilascio lentissimo, un abisso personale di cui lo spettatore si rende conto solo dopo un po’, quando la determinazione sembra andare sempre più incontro ad un esito abbastanza prevedibile.
Solo il gran finale, scritto con una delicatezza e diretto (e recitato!) con un tocco lieve, svela quanto tutto il film sia stato un percorso in salita, una la scalata di una montagna impervia.

Nella sua vita piombano una rockstar bellissima incontrata per caso (un colpo davvero da commedia americana), un altro ortodosso e alcuni scapoli amici di famiglia che vengono prontamente forniti e anche alla fine un pretendente a sorpresa. Poche volte abbiamo visto il matrimonio messo così in crisi da un personaggio che ci crede così tanto, che lo sogna così tanto e che, proprio come le protagoniste delle commedie sentimentali, ne fa l’obiettivo centrale della propria età, lo snodo da cui deve passare il resto della propria vita.
Il matrimonio per Michal non è diverso dall’incontro con Apollo Creed per Rocky, è il momento in cui si decide una vita, quello per cui lottare con i denti. Se all’inizio la sfida a Dio sembra tutta una questione religiosa, piano piano è chiaro che il campo da gioco è più ampio, che c’è un intero sistema culturale in questione e a metterlo in crisi non è certo la protagonista (che ci crede) ma la regista, che manipola con una sapienza impressionante commedia, fantastico, dramma e un intimismo calmo, silente e commovente.

1 commento:

zioluc ha detto...

"un film da cui si viene spiazzati, spossati e vessati"

Ecco, su questo sono d'accordo.


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