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7.8.18

Le Ultime 24 Ore (24 Hours To Live, 2017)
di Brian Smrz

Per arrivare ad essere Crank che incontra In Time di Andrew Niccol, questo secondo lungometraggio di Brian Smrz ci mette esattamente metà della sua durata. Prima è un piccolo clone di Michael Mann, con meno coerenza ma lo stesso desiderio di rarefazione, il poliziesco esistenziale, in cui alle scene d’azione e alla durezza dei personaggi è abbinata una strana forma di meditazione, come se le scene più convenzionali e di passaggio suggerissero (o volessero suggerire) qualcosa di quasi trascendentale in queste esistenze.

La storia del mercenario ormai ritiratosi dall’attività che viene richiamato in azione forzosamente dal suo vecchio boss con una paga così alta che non si può dire di no, unita al compito che gli viene assegnato (uccidere un testimone seducendo la donna che lo protegge) è tutta la parte che grida Mann: un uomo solo in un mondo infame che fa quel che deve con un codice e un romanticismo da non comunicare ma lasciar trapelare.
Quel che accade dopo semmai rivede tutto sotto un’altra luce, ribalta totalmente il film, ne accelera di colpo il ritmo e lo traghetta in un altro genere, molto più d’azione, molto più spericolato, molto meno attaccato al realismo. Il protagonista, senza troppe sorprese, avrà le ultime 24 ore che il titolo promette per mettere a posto tutto, e non ci saranno mezze misure.

Smrz è un ex stuntman e regista di seconda unità, è un uomo di cinema d’azione, lo vuole far vedere e si vede. Le Ultime 24 Ore ha sequenze coreografate benissimo e non soffre di nessuno dei soliti difetti dei film d’azione con star, in cui queste si muovono lentamente e l’azione è appesantita dalla loro difficoltà. Inseguimenti, sparatorie e tantissime trovate, abbondano e invece di stancare sono la parte più onesta. Del resto trasformare Ethan Hawke in un action hero è una medaglia che Smrz può appuntarsi, qualcosa di cui andare fieri.

Ma per il resto se riesce a fare qualcosa Le Ultime 24 Ore è proprio raccontare la perfezione dei suoi modelli per negazione, tutto ciò che gli manca per essere come loro. Ethan Hawke non è mai davvero un eroe maledetto, ha un personaggio macho e duro, qualcuno che sta tra l’efficienza popolana di Jason Statham e la coolness solitaria di Sean Penn ma nella pratica non ha niente di tutto ciò, perché nelle corde dell’attore ci sono note più tenere e dolci. Non è Gerard Butler anche se la trama gli chiede di esserlo, così il film è un continuo sviare con le espressioni quello che la sceneggiatura impone di presentare.
Nella seconda parte invece il film soffre molto la totale mancanza di autoironia. La cosa, sia chiaro, in sé non sarebbe un problema, non sta scritto da nessuna parte che si debba essere autoironici per forza quando si fa azione in grande stile o quando si stiracchiano le trame per esigenze sceniche, ma Le Ultime 24 Ore non sa essere serio per bene e l’ironia l’avrebbe almeno salvato, avvicinandolo ancora di più al suo modello (Crank).

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