Una psicoterapetua vuole tornare a fare la sceneggiatrice. Così si apre Sibyl, il film di Justine Triet che imbastisce la storia della sua protagonista tra pazienti da lasciare e intrecci da scrivere, ma ha l’unico obiettivo di correre il prima possibile verso l’unico luogo e momento che sembra premergli davvero: il set. C’è infatti un’attrice tra le sue clienti che lei non si sente di lasciare perché vive un momento difficile, è rimasta incinta per errore e forse vuole abortire. Gli eventi precipiteranno così tanto che lei avrà una crisi sul set del film che sta girando e sarà necessario l’arrivo della psicologa in loco per aiutarla.
Così se all’inizio l’idea è che “rubare” le storie e le vite dei pazienti per farne finzione è un processo che risveglia ricordi e fantasmi interiori della protagonista (che vediamo in flashback), dopo diventa che il set è il cuore dell’emotività umana.
Come fosse il nocciolo dei sentimenti, una supernova di pura umanità una volta entrati nella cui orbita tutto diventa sconvolgente ed è complicato rimanere sani di mente, il set è l’altare cui il film si genuflette. Il co-protagonista del film è infatti il padre del bambino di cui l’attrice è incinta, ma in realtà è anche fidanzato ufficialmente con la regista. Il triangolo mortale prende la psicologa tra l’incudine e il martello. Tutto sullo sfondo selvaggio di Stromboli dentro il quale la vediamo muoversi nella più scontata delle allegorie naturalistiche. Al culmine dei metaforoni poi la psicologa/scrittrice dovrà sostituire la regista e dirigere i suoi personaggi/attori/pazienti.
E dire che Sibyl sarebbe anche ben scritto e montato, tuttavia pensa di essere molto ma molto più introspettivo di quel che non sia, ha una passione tutta speciale per lo scavalcamento di campo ad arte e ne abusa fino a che non è più ad arte.
Come se non bastasse quando Sibyl arriva sul set il film compie uno scarto di tono, si fa autoironico (come quasi sempre avviene quando ci sono film dentro al film), senza tuttavia mescolare bene questo nuovo tono con il precedente, ammazzando il dramma invece di esaltarlo. La conclusione è la più emaciata delle celebrazioni del set e del controllo emotivo degli attori (loro al netto di tutto ne escono sani, la psicologa non si riprende).
Una morale finale sulla vita come finzione chiude un film innamorato di sé, del proprio lavoro e del proprio mondo che non è mai in grado di condividere quest’amore con il pubblico.
Post più popolari
-
Questo secondo adattamento per il cinema della serie tv Charlie’s Angels (ma terzo film perché il primo adattamento del 2000 ebbe un seque...
-
E' parecchio che mi gira in testa il pensiero che i grandi film forse facciano più danni che altro, perchè diventano degli standard dai ...
-
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri (id., 2017)
di Martin McDonaghCONCORSO MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA C’è stato un fatto efferato, una ragazza è stata bruciata e violentata, ma a quanto pare non si... -
Non ho mai amato particolarmente i film di D'Alatri , benchè gli riconosca una cera abilità non mi sono mai lasciato affascinare nè dai ...
-
E' morto in un incidente aereo John Walton, 58 anni, secondogenito di Sam Walton, fondatore della catena di supermercati più grande del...
-
E' ormai partito (solo in America) Urge il music store di Mtv supportato da Microsoft (e soprattutto presente sul nuovo Windows Medi...
-
PANORAMA BERLINALE 2013 PUBBLICATO SU Gli attivisti di oggi non stanno per strada, stanno su internet. Simon Klose ha seguito nei 5...
-
Non avevo mai visto un film di Sacha Guitry e ho registrato Romanzo di un baro per errore, ma dato che l'avevo già sentito nominare pa...
-
L'eccitazione che era serpeggiata alla notizia di un nuovo film di Terry Gilliam (dopo le disastrose peripezie del suo don Chisciotte i...
-
Riporto traducendo da BoingBoing fedelmente perchè è spettacolare: Magneti pericolosamente potenti Adoro le avvertenze su questi grossi ma...
Archivio
Template modificato con il sudore della fronte da Gabriele Niola.
Nessun commento:
Posta un commento