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26.11.19

L'Inganno Perfetto (The Good Liar, 2019)
di Bill Condon

C’è una scrittura che fa un inusuale lavoro di nascondino dietro agli attori a sorreggere il buon ritmo che sospinge The Good Liar almeno per tre quarti della sua durata. La storia di inganno e truffa, un thriller con modi raffinati e tempi anziani che tuttavia riesce a non mollare mai la presa (come certi anziani quando hanno deciso che ti parleranno e non te ne potrai andare), è misurata e molto asciutta nella narrazione ma non vuole il proscenio, si nasconde dietro le interpretazioni dei suoi attori carismatici, amati e capaci di attirare l’attenzione come pochi altri: Helen Mirren pecorella e Ian McKellen lupo. La prima cerca un’anima gemella sui siti di dating, il secondo si presenta in tweed, trench e coppola con modi affettati e stile britannico impeccabile (fin dai termini che utilizza). La prima è piena di soldi il secondo ha un piano preciso per conquistare prima lei e poi il capitale.

Noi lo sappiamo quasi subito che lui è un truffatore, lo vediamo intento nei suoi affari sporchi tra un appuntamento e l’altro, lo vediamo fregare degli investitori poco scaltri e poi anche trattare con i suoi soci in modi non proprio pacifici, lo vediamo pianificare, temere e fuggire quando deve. Sempre più ci comincia ad apparire come un truffatore poco gentiluomo. Molto dovremo scoprire e molto ci sarà raccontato in un precipitare del film verso Remember.
Di quel titolo di Atom Egoyan, in cui un grande Martin Landau pilotava a distanza la missione di vendetta di Christopher Plummer, questo eredita l’improvviso ampliarsi all’indietro, verso il passato. Il grande ieri di chi è anziano diventa il bacino della vendetta.

Tuttavia è il piacere epidermico del suo svolgimento la vera arma di The Good Liar non certo la sua risoluzione (non proprio imprevedibile, eccessivamente verbosa, raccontata e spiegata fino allo sfinimento), una storia in cui una volta tanto i sentimenti in gioco fanno a gara ad essere fasulli e sta al pubblico chiedersi fino a che punto, quanto e in quale proporzione, scrutando tra le minuzie espressive di cui i due protagonisti abbondano per trovare cenni che tradiscano un sentire più autentico. Non solo, ad essere raccontato, è anche quanto una truffa richieda in termini di perdita di umanità. L’exposition finale, così invadente, infantile e pavida potrebbe anche rovinare tutto ma se si ha a cuore il piacere della visione The Good Liar per la maggior parte della sua durata sa divertire.

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