E' facile vedere in To Rome with love un film di stereotipi sull'Italia, in realtà è un film ambientato in Italia, girato da un regista straniero. In realtà a ben vedere di Italia, a parte Roma, non c'è niente e le musiche che vanno da Caruso ai mandolini non sono troppo distanti da quelle solitamente scelte da Allen per i suoi film americani.
Quello che veramente stupisce è il modo molto molto sottile con il quale il regista (che non ha mai nascosto la profonda influenza che il cinema italiano ha avuto sulla sua formazione) contamini le proprie storie con le svolte da commedia all'italiana. Come dei piccoli remake molto personali e distanti dagli originali, come delle rivisitazioni fatte da qualcuno dotato di una personalità molto forte, così i diversi episodi di questo film sono condotti a metà tra ispirazione latente e stile personale.
Questa fusione (l’episodio con Alessandro Tiberi è a metà tra Lo sceicco bianco e i twist surreali alleniani) costituisce di certo il contenuto più audace di un film che, rispetto alle opere alleniane dell’ultimo periodo, quelle dal trasferimento a Londra in poi, è di gran lunga il più divertente e ispirato. Specie dalla seconda metà in poi l’intreccio presta il fianco ad un umorismo dilagante vario ed eterogeneo. C’è lo slpastick di Benigni, la profusione verbale classica di Allen, il dadaismo situazionista del cantante lirico e la commedia brillante un po' ruffiana dell’episodio in cui Alec Baldwin fa da controcanto immaginario (ma presente nella scena) alle turbe amorose di Jesse Eisenberg. Quest'ultimo un vero classico senza tempo di Woody Allen, dal Bogart di Provaci ancora Sam in poi.
Più in grande quello che To Rome with love aggiunge alla sconfinata filmografia del più prolifico tra gli autori in attività (e forse il più grande), è un nuovo capitolo della fase “storie & città”, in cui personaggi e situazioni sono messi in scena solo per tenere sullo sfondo immense metropoli, luoghi la cui magnificenza è impossibile da racchiudere nello stretto spazio di un fotogramma ma che, come dice Owen Wilson in Midnight in Paris, sono animate da una bellezza che supera di gran lunga quella di qualsiasi altra opera d’arte.
La Roma di questo film inizia molto sul generico (i grandi monumenti, le piazze molto note) e lentamente diventa peculiare, meno conosciuta e meno rappresentata: piccoli cortili, aree inesplorate dalla macchina da presa e luoghi reimmaginati. Ci sono una quantità impressionante di esterni diversi, un numero esorbitante di location, anche più che nell'ubiquo Vicky Christina Barcelona, ognuna calibrata sul momento drammaturgico cui fa da sfondo e ognuna pronta a coccolare la sua scena senza mai prendere il proscenio che meriterebbe.
Sarebbe stupido dire che Roma “è una protagonista del film”, la verità è che è il senso ultimo del film, l’oggetto immenso il cui immaginario e la cui estetica Allen maneggia, a metà tra ripetizione di una mitologia già fissata da mille altri film (italiani e non) e rifondazione di un’estetica personale (fatta di temporali improvvisi, inquadrature con prospettive oblique, straordinari schiacciati in interno e placidi angoli di natura accarezzata dal vento all'interno di grandi giardini in cui fare l'amore non visti ecc. ecc.).
11 commenti:
senti ma....e il doppiaggio?
come se la son cavata con gli italiani che devono parlare un buffo e stentato inglese, e le scene bilingue, etc.?
tutto a puttane?
Un po' si. Ma non ce n'erano molte di scene bilingue.
Per me resta il peggior Allen di sempre...
Emmadonnasanta!!! Peggio di certe cose incerte degli anni '70?? Peggio degli ultimi svogliatissimi in America??
Quali sono le cose incerte degli anni '70?
tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e commedia sexy in una notte di mezza estate
Anche secondo me è il peggior Allen mai visto...o uno dei peggiori comunque. Al di là dello stereotipo, voluto o non voluto, davvero ci sono certe gag bassissime che mi hanno fatto credere di essere andata a vedere un cinepanettone...
Ale55andra
Non mi sembrano particolarmente incerte... peggio altro fatto dopo (tipo crimini e misfatti). Quelli che citi sono due film a mio avviso da rivalutare.
Comunque devo dire che visto il film mi sono ritrovato in pieno nella tua recensione. Mi ha comunque ricordato molto l'Allen dei film più divertenti degli anni '70. E come attore, Benigni come al solito svetta su tutti, il ruolo è tagliato proprio per lui.
io, appurato con orrore che e' uscito a Roma in TRENTACINQUE sale e neanche in UNA in lingua originale, stavolta salto. I miei soldi non li vogliono. Non sono un detrattore integralista del doppiaggio, ma in questo film proprio non si puo'.
Addirittura il peggiore?? Per me aveva già raschiato il fondo con Vicky Cristina Barcellona, da lì l'ho lasciato perdere. Immagino che il doppiaggio penalizzi il tutto, ma del resto il livello del doppiaggio è scaduto tantissimo negli ultimi anni, questo vale per quasi ogni film uscito.
Si è un'ingiustizia che non esista in originale.
Se l'hai mollato a Vicky Cristina e non ti piace questa fase, allora lascia perdere
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