Ambientare un noir anzichè nei tipici sobborghi di una metropoli caotica, in un tranquillo paesino di provincia, fatto di giornate di sole e spazi aperti, girare un noir con protagonista una donna, una donna buona e gentile anzichè il classico uomo che imbocca la strada della delinquenza per amore di una dark lady, di una donna losca e perduta. Che audacia!
E che risultati!
La parabola è quella di un nazista scampato al processo di Norimberga, scampato alla morte e scampato ad ogni tipo di indagine che si nasconde in un tranquillo paesino americano e sposa la figlia di un giudice della corte suprema, un genio del male, uno degli uomini più fidati di Hitler che si mescola tra la folla... C'è dentro tutto il tipico personaggio da Orson Welles, il titano che si deve confrontare con la quotidianità e c'è anche M, il mostro di Dusseldhorf, che meraviglia!
Per girare Lo straniero Welles per una volta rinuncia (ma neanche troppo) ai suoi wellesismi, niente prospettive sghembe, niente grandangoli e niente profondità di campo e gira questo film espressamente su commissione ma con un tocco personalissimo ed un'audacia tipica. Naturalmente riserva per se stesso il ruolo maschile più interessante, lasciando ad Edward G. Robinson (il grande) la parte dell'ispettore, lui che già due anni prima aveva dato magistralmente corpo a Keyes, l'infallibile agente delle assicurazioni di La Fiamma Del Peccato.
La grandezza di Orson non solo gli ha permesso di avere una precisa coscienza di se stesso, capendo perfettamente quali ruoli gli si addicessero di più (in fondo era quasi un caratterista), ma gli ha consentito di comprendere e dare corpo ad una protagonista di noir perfetta. Là dove gli uomini nei noir barcollano in preda alla passione e sono guidati dalle donne verso atroci delitti in una spirale di perdizione che li porta inevitabilmente al loro destino, qui la donna guidata dal diabolico criminale nazista che ha sposato e nel quale confida con quell'illusione tipica delle donne, è forte, gestisce tutta la situazione, anche se ha la mente obnubilata dall'amore per il marito tanto da non riuscire a vederne il marcio fino a che esso non si rivela appieno nella sequenza (meravigliosa) dell'orologio regolato in casa. E Orson da uomo qual è, non riesce ad essere una dark lady, forte e altezzosa fino in fondo, ma si perde, annaspa e arranca fino a che alla fine il suo piano disperato lo porta alla morte.
Da urlo la sequenza della telefonata con sullo sfondo il block notes sul quale schizza una croce uncinata e la sequenza iniziale dell'occultamento del cadavere girata con il dolly. Senza parlare dell'uso degli specchi e delle ombre. Ma è pur sempre un noir.
E che risultati!
La parabola è quella di un nazista scampato al processo di Norimberga, scampato alla morte e scampato ad ogni tipo di indagine che si nasconde in un tranquillo paesino americano e sposa la figlia di un giudice della corte suprema, un genio del male, uno degli uomini più fidati di Hitler che si mescola tra la folla... C'è dentro tutto il tipico personaggio da Orson Welles, il titano che si deve confrontare con la quotidianità e c'è anche M, il mostro di Dusseldhorf, che meraviglia!
Per girare Lo straniero Welles per una volta rinuncia (ma neanche troppo) ai suoi wellesismi, niente prospettive sghembe, niente grandangoli e niente profondità di campo e gira questo film espressamente su commissione ma con un tocco personalissimo ed un'audacia tipica. Naturalmente riserva per se stesso il ruolo maschile più interessante, lasciando ad Edward G. Robinson (il grande) la parte dell'ispettore, lui che già due anni prima aveva dato magistralmente corpo a Keyes, l'infallibile agente delle assicurazioni di La Fiamma Del Peccato.
La grandezza di Orson non solo gli ha permesso di avere una precisa coscienza di se stesso, capendo perfettamente quali ruoli gli si addicessero di più (in fondo era quasi un caratterista), ma gli ha consentito di comprendere e dare corpo ad una protagonista di noir perfetta. Là dove gli uomini nei noir barcollano in preda alla passione e sono guidati dalle donne verso atroci delitti in una spirale di perdizione che li porta inevitabilmente al loro destino, qui la donna guidata dal diabolico criminale nazista che ha sposato e nel quale confida con quell'illusione tipica delle donne, è forte, gestisce tutta la situazione, anche se ha la mente obnubilata dall'amore per il marito tanto da non riuscire a vederne il marcio fino a che esso non si rivela appieno nella sequenza (meravigliosa) dell'orologio regolato in casa. E Orson da uomo qual è, non riesce ad essere una dark lady, forte e altezzosa fino in fondo, ma si perde, annaspa e arranca fino a che alla fine il suo piano disperato lo porta alla morte.
Da urlo la sequenza della telefonata con sullo sfondo il block notes sul quale schizza una croce uncinata e la sequenza iniziale dell'occultamento del cadavere girata con il dolly. Senza parlare dell'uso degli specchi e delle ombre. Ma è pur sempre un noir.
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