Sotto consiglio di Giulai e di una donna dal blog in rosa ho visto questo superclassico del cinema adolescenziale anni '80 e scopro che l'ha scritto John Hughes, l'autore di capolavori come Un Biglietto In Due, Mamma Ho Perso L'Aereo e il superbo Io e Zio Buck.
Il film è un po' un instant movie, molto alla moda con riferimenti precisi a quello che succedeva in quegli anni e con musiche commerciali decisamente anni '80. Di quei film che se ne fanno 1000 ma solo pochi resistono al tempo e vengono esportati e quantomeno Bella In Rosa ha il merito di essere girato in maniera fluida e coerente, e di appoggiarsi sulla struttura più classica del melodramma leggero, cioè quella che vede una protagonista partire in condizioni svantaggiate e trovarsi di fronte ad un ostacolo sentimentale da superare, perdere al primo confronto, rasentare la disperazione per poi rinascere nell'insperato (ma prevedibile) lieto fine, dove, al limite della statistica, tutto va per il meglio e tutti i personaggi positivi sono felici e quelli negativi si redimono. In più in questo caso c'è anche tutta la tematica dell'amore intersociale, la sguattera che si innamora del gran signore, che è un superclassico della letteratura popolare ottocentesca europea.
E' un po' quello schema classico hollywoodiano anni '30, declinato in maniera diversa, su questo si basano allo stesso modo i film più banali dell'edonismo reaganiano (da Top Gun a Over The Top). Forse è veramente questo quello che fa di hollywood un'industria: avere uno schema che funzioni a prescindere se applicato bene e saperlo declinare in modi differenti a seconda del target al quale ci si rivolge.
Il film è un po' un instant movie, molto alla moda con riferimenti precisi a quello che succedeva in quegli anni e con musiche commerciali decisamente anni '80. Di quei film che se ne fanno 1000 ma solo pochi resistono al tempo e vengono esportati e quantomeno Bella In Rosa ha il merito di essere girato in maniera fluida e coerente, e di appoggiarsi sulla struttura più classica del melodramma leggero, cioè quella che vede una protagonista partire in condizioni svantaggiate e trovarsi di fronte ad un ostacolo sentimentale da superare, perdere al primo confronto, rasentare la disperazione per poi rinascere nell'insperato (ma prevedibile) lieto fine, dove, al limite della statistica, tutto va per il meglio e tutti i personaggi positivi sono felici e quelli negativi si redimono. In più in questo caso c'è anche tutta la tematica dell'amore intersociale, la sguattera che si innamora del gran signore, che è un superclassico della letteratura popolare ottocentesca europea.
E' un po' quello schema classico hollywoodiano anni '30, declinato in maniera diversa, su questo si basano allo stesso modo i film più banali dell'edonismo reaganiano (da Top Gun a Over The Top). Forse è veramente questo quello che fa di hollywood un'industria: avere uno schema che funzioni a prescindere se applicato bene e saperlo declinare in modi differenti a seconda del target al quale ci si rivolge.
7 commenti:
uuuu.... molly ringwald!!!
Chissà che fine a fatto??
cmq anche la tragedia greca la commedia latina e l'opera lirica hanno dei topoi.
Insomma, il grande pubblico vuole semplicemente vedere le stesse cose con qualche piccola variazione sul tema.
Si è vero ma la struttura: presentazione, ostacolo, fallimento, seconda opportunità, vittoria, è quanto di più americano ci spossa essere.
il paese delle seconde chanches...
... e "sorvegliato speciale" dove lo mettiamo...
grande Sorvegliato speciale...
Ma che acconciature c' hanno in questo film??!!
Ma sono dei MITI!!!
Sorvegliato Speciale rientra nella categoria dei film di galera, anche se in questa categoria ci sono più che altro film di evasioni mentre Sorvegliato Speciale è più un film sulla scia di Rambo, un uomo disperato che viene provocato in tutti i modi e alla fine scoppia ma sempre inseguendo la giustizia.
john hughes è un pezzo fondamentale della sottocultura degli anni '80...da vedere anche the breakfast club e sitxeen candles. da questo fantastico film, chissà forse perché l'ho visto la prima volta a 5 anni, e dalla canzone, che dà il titolo al lungometraggio, "pretty in pink" degli pshychadelic furs prende il nome il mio blog...god bless john hughes!
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