Teso e melodrammatico, Ombre Malesi è uno di quei noir in fieri, in un momento in cui si decidevano le regole del genere e in cui ancora dovevano vedere la luce (o il buio) delle sale caposaldi del genere come La Fiamma Del Peccato (1944), Il Mistero Del Falco (1941), Detour (1945) o anche il proto-noir Una Pallottola Per Roy (1941), Wyler intuisce in che direzione stesse andando il cinema e gira l'ennesimo adattamento cinematografico dell'opera di W. Somerset Maugham puntando sulla fotografia e sul torbido intrigo tra amore, perdizione e criminalità. Così invece che avere l'ennesimo melodramma con Bette Davis, si ha un torbidissimo film su peccato e redenzione, perdizione e criminalità, un noir.
E come nei migliori noir la fotografia ha un ruolo fondamentale, sono le luci limpide e nette di Tony Gaudio a permettere i giochi d'ombra con la luna coperta e scoperta dalle nuvole, che suggeriscono un universo di segreti nascosti e rivelazioni imminenti, oltre a creare soluzioni visive (un po' wellesiane) che diventeranno dei veri e propri classici come il volto dell'assassino (o presunto tale) nascosto dalle ombre che si scopre allo scoprirsi della luna.
Impagabile l'ambientazione esotica malese.
E come nei migliori noir la fotografia ha un ruolo fondamentale, sono le luci limpide e nette di Tony Gaudio a permettere i giochi d'ombra con la luna coperta e scoperta dalle nuvole, che suggeriscono un universo di segreti nascosti e rivelazioni imminenti, oltre a creare soluzioni visive (un po' wellesiane) che diventeranno dei veri e propri classici come il volto dell'assassino (o presunto tale) nascosto dalle ombre che si scopre allo scoprirsi della luna.
Impagabile l'ambientazione esotica malese.
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