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16.9.06

Waking Life (id., 2001)
di Richard Linklater

Ignoro se Waking Life sia mai uscito in Italia, io non lo ricordo e non me ne stupirei se non fosse mai arrivato da noi.
Opera indipendente, metaforica, sperimentale e sognante, il film di Linklater fa esplicito riferimento alla poetica e agli elementi tipici delle storie di Philip Dick (il suo prossimo A Scanner Darkly, tutto in rotoscoping, è tratto da una storia di Dick) pur non ispirandosi direttamente a nessuna di esse.
Il film si articola in una serie di discussioni più o meno brevi tutte sul tema della vita, dei sogni, della morte e dell'universo, i personaggi che discutono sono quasi sempre diversi con l'eccezione di uno che è il più ricorrente. Lungo il film si comincia a capire quale sia il cuore di tutto, il sogno. Il personaggio principale sta sognando, se ne rende conto da alcune cose come il fatto che non riesce a leggere l'ora o non riesce a fare cambi di illuminazione (accendere o segnere le luci), sta sognando e non riesce a svegliarsi, da metà in poi questo è evidente vaga per i propri sogni parlando con persone che ha già visto e altri che non conosce e ognuno parlando per metafore gli dà consigli su come svegliarsi, e ogni volta si ritrova nel letto di mattina ma sempre in un sogno. Verso la fine il tutto comincia a prendere un ritmo angosciante (all'inizio invece sfiora la noia) e si conclude con un lungo discorso di un uomo (interpretato dal regista) che gli parla, facendo esplicito riferimento a delle storie di Dick, di come in sostanza la morte possa equivalere al sogno e si capisce così che l'incidente visto nelle prime scene era reale e ha ucciso il protagonista.
Dotato di un ritmo altalenante, di alcune sequenze trascurabili ma di altre molto poetiche, il film è una grossa sperimentazione della tecnica del rotoscoping, ancora immatura e soprattutto realizzata in economia. A tratti fastidiosa e a tratti interessante e ben fatta (ma le sequenze be fatte sono veramente poche) anche in un esperimento così a basso costo quest'animazione si dimostra molto più fluida e convincente di qualsiasi altra, con in più la possibilità di scenari espressionisti (in questo film in particolare data l'economia gli scenari espressionisti sono più una cosa che fa di necessità virtù).
Rimane però intrigante l'abilità di Linklater di far crescere il pathos (anche se parte da -20 e arriva a cifre accetabili verso tre quarti di film) e suggerire invece che spiegare, tracciando alcune immagini difficili da dimenticare (su tutte il bambino che viene trascinato verso l'alto mentre si attacca alla macchina).

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