Per Nella Vale Di Elah occorre fare un discorso speculare a quello di The Kingdom, benchè i due film non abbiano molti punti in comune se non che entrambi fanno riferimento allo sforzo bellico statunitense in Medio Oriente.
Dal discorso fatto per The Kingdom infatti era rimasto fuori il tema del "reducismo" che è un'altra matrice importantissima per il cinema di genere bellico americano dal Vietnam in poi.
Se dunque The Kingdom è al momento la punta del nuovo modo di girare film di guerra sul conflitto in corso, Nella Vale Di Elah ripropone (in chiave non nuova nè innovativa) il tema del reducismo aggiornato a questa guerra.
Certo i film sui reduci non si sono evoluti come i corrispettivi film di guerra se non per il cambio di paesaggio e mezzi (deserti al posto della giungla negli incubi, e grande uso di tecnologie).
Così Nella Vale Di Elah batte un'altra strada per distinguersi, non quella del cambio di linguaggio ma quella dello spiazzamento dello spettatore.
Paul Haggis è indubbiamente forte, un grande sceneggiatore ma non un altrettanto grande regista, così l'idea di fondo del film non è niente male (l'indagine di un padre su cosa sia accaduto al figlio al ritorno dalla guerra che piano piano lascia emergere visioni di guerra e storie di reduci), ma non si può dire lo stesso poi della realizzazione.
Il film punta molto su Tommy Lee Jones che recita per sottrazione (va tantissimo in questo periodo, chissà se reggerà poi la prova del tempo...) e cerca di non parlare apertamente dei reduci ma di lasciare che siano uno sfondo costante.
Alcuni personaggi sono azzeccatissimi come quello di Charlize Theron, altri più banalotti (come quello di Susan Sarandon), ma nel complesso il film ha il suo perchè. La forza dello script alla fine vince e il tema e le domande che si pone Haggis (cosa è più opportuno fare nelle situazioni vissute dal figlio di Tommy Lee Jones? Cosa è veramente patriottico? E la sempre verde: Stiamo mandando i nostri figli al macello?) sono convincenti e ben esposte. Certo poi si fa una gran fatica a sopportare ancora quelle bandiere che sventolano...
Una cosa però mi lascia perplesso e nessuno ne parla: perchè solo gli americani hanno il problema del reducismo?
In Europa abbiamo fatto tantissime guerre e nessuno ne ha mai parlato. Nazioni come Francia e Inghilterra sono andate in giro per il mondo a fare guerre e guerriglie, anche urbane, contro civili e non si è mai parlato di malattie da ritorno. Addirittura nel conflitto in corso gli inglesi hanno avuto una partecipazione simile e paragonabile a quella americana con tanto di scandali per maltrattamenti ai prigionieri ecc. ecc. Eppure nemmeno un problema da reduce...
Dal discorso fatto per The Kingdom infatti era rimasto fuori il tema del "reducismo" che è un'altra matrice importantissima per il cinema di genere bellico americano dal Vietnam in poi.
Se dunque The Kingdom è al momento la punta del nuovo modo di girare film di guerra sul conflitto in corso, Nella Vale Di Elah ripropone (in chiave non nuova nè innovativa) il tema del reducismo aggiornato a questa guerra.
Certo i film sui reduci non si sono evoluti come i corrispettivi film di guerra se non per il cambio di paesaggio e mezzi (deserti al posto della giungla negli incubi, e grande uso di tecnologie).
Così Nella Vale Di Elah batte un'altra strada per distinguersi, non quella del cambio di linguaggio ma quella dello spiazzamento dello spettatore.
Paul Haggis è indubbiamente forte, un grande sceneggiatore ma non un altrettanto grande regista, così l'idea di fondo del film non è niente male (l'indagine di un padre su cosa sia accaduto al figlio al ritorno dalla guerra che piano piano lascia emergere visioni di guerra e storie di reduci), ma non si può dire lo stesso poi della realizzazione.
Il film punta molto su Tommy Lee Jones che recita per sottrazione (va tantissimo in questo periodo, chissà se reggerà poi la prova del tempo...) e cerca di non parlare apertamente dei reduci ma di lasciare che siano uno sfondo costante.
Alcuni personaggi sono azzeccatissimi come quello di Charlize Theron, altri più banalotti (come quello di Susan Sarandon), ma nel complesso il film ha il suo perchè. La forza dello script alla fine vince e il tema e le domande che si pone Haggis (cosa è più opportuno fare nelle situazioni vissute dal figlio di Tommy Lee Jones? Cosa è veramente patriottico? E la sempre verde: Stiamo mandando i nostri figli al macello?) sono convincenti e ben esposte. Certo poi si fa una gran fatica a sopportare ancora quelle bandiere che sventolano...
Una cosa però mi lascia perplesso e nessuno ne parla: perchè solo gli americani hanno il problema del reducismo?
In Europa abbiamo fatto tantissime guerre e nessuno ne ha mai parlato. Nazioni come Francia e Inghilterra sono andate in giro per il mondo a fare guerre e guerriglie, anche urbane, contro civili e non si è mai parlato di malattie da ritorno. Addirittura nel conflitto in corso gli inglesi hanno avuto una partecipazione simile e paragonabile a quella americana con tanto di scandali per maltrattamenti ai prigionieri ecc. ecc. Eppure nemmeno un problema da reduce...
12 commenti:
Per quanto riguarda quest film mi trovi praticamente d'accordo su tutto.
http://www.smeerch.it/2007/11/27/nella-valle-di-elah/
veramente interessante
non so dai trailer mi ispira un pizzico di più the kingdom ma credo che li vedrò entrambi..il problema del reducismo americano?non so spiegartelo ma se noti accade il contrario con i morti in guerra..se in italia (in europa in generale ma soprattutto in italia) c'è un morto in guerra siamo subito pronti a funerali di stato e lutto nazionale e gli americani che praticamente ogni giorno ricevono notizie di morti invece quasi non ne parlano più..diventano notizie da trafiletto piccolo piccolo o servizi insignificanti alla tv..tu questa la sai spiegare??
Direi che gli americani semplicemente ne hanno di più di morti e dunque è meno una notizia, mentre da noi non capita mai.
Ma il problema è che il fenomeno del reducismo non fosse per gli americani non si è proprio mai sentito!
si ma il fatto che siano di più i morti che vuol dire??allora contan di meno?allora li sentiamo di meno?sembra quasi che gli americani si siano assuefatti al dolore.
semplicemente perche' i film sui reduci sono un sottogenere del filone militare; se prendi in considerazione Broken lullaby di Lubitsch dove il tema e' in nuce, vedi anche le ascendenze mitteleuropee del genere.
Il film di Zinnemann che fa notare Brando e' un film sui reduci della II guerra mondiale. Dopo il Vietnam e lo scollamento dalla volonta' guerrafondaia del potere politico i film sui reduci assumono l'aspetto di forte denuncia che noi conosciamo.
si ma ancora non si spiega perchè solo gli americani abbiano il problema dei reduci che non si inseriscono nella vita normale.
Non credo che il problema te lo possa spiegare semplicemente un film.
Poi a pensarci il cinema di guerra è solo ed essenzialmente americano...
A mio umilissimo parere, forse la risposta alla tua domanda si potrebbe trovare nelle ragioni delle tante guerre combattute dagli americani. A pensarci dopo l'indipendenza dagli inglesi, non hanno mai subito dittature da cui possono scaturire conflitti interni, ne tantomeno invasioni da parte di altre nazioni, ma sono andati a combattere dovunque nel mondo, creando una forma di vittimismo che poi si è tradotto nel reducismo dei "nostri ragazzi che vanno a morire non si sa dove ne perchè"... Boh, se ne può parlare per ore, e io non credo di essere molto adatto. Certo non parlare male dei reduci ad un americano.
Sicuramente non sarà un film a spiegarmelo, ma io me lo chiedo lo stesso.
Perchè le guerre le fanno in tanti e molti nella stessa maniera degli americani (inglesi) eppure non hanno il problema (reale e non filmico) dei soldati che tornano e strangolano le mogli.
ti credo gli mettono le corna col fornaio!
Anche per la Charlize mi chiedo se reggerà la prova tempo; è indubbiamente vero cmq che sta facendo passi da gigante. Qui è davvero bravissima (e senza lattice, deo gratia).
Il problema dei reduci non è solo americano, forse lì è più sentito dall'opinione pubblica. Come in Canada d'altra parte. Il disturbo che si può subire al rientro da una zona di guerra, che si sia stati militari o civili, si chiama Post Traumatic Stress Disorder. Esiste un film TV della BBC che racconta del trauma subito dai militari di Sua Maestà in Bosnia (si chiama Warriors, come i mezzi corazzati dell'esercito). E' fatto davvero bene ma non si trova in italiano. Oppure pensate all'alto tasso di sucidi fra i militari francesi impegnati nella guerra d'Algeria. Non è un problema solo americano, è un problema per tutti i militari (e non) impegnati in scenari di guerra combattuta. Credo che per gli americani il problema sia più sentito dalla guerra in Vietnam, quando ad un certo punto nessuno riusciva più a capire perché un ragazzo dell'Illinois dovesse morire nel sud-est asiatico. In seguito, gli americani più di altri sono stati impegnati in guerre combattute, mentre altri paesi mandano i propri militari esclusivamente in missioni dove, alla fine dei conti, si spara poco. Vedi la differenza dei mandati in Afghanistan fra americani, inglesi e canadesi da una parte ed europei dall'altra.
Carlo
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