Il terzo film da regista di Sean Penn è un thriller molto poco thriller e decisamente atipico.
Ambientato nella parte più monumentale della natura incontaminata e montuosa americana, è un viaggio nella mente di un poliziotto arrivato alla pensione che tuttavia continua a desiderare di essere utile.
Rilassato e senza alcune pressione Sean Penn gira un film giustamente lungo che si prende il tempo che gli ci vuole per raccontare gli eventi, sapendo che spesso le pause, i cambi di ambiente, le digressioni e i particolari sono più importanti dei fatti. Specialmente se quello che ti interessa raccontare non è tanto il finale della trama o lo scioglimento dell'intreccio (che infatti è lasciato al destino) ma lo stato d'animo di un uomo, le sue inquietudini e il rapporto che stringe indirettamente con la natura o come essa influisca nella sua vita.
Jack Nicholson è incredibilmente moderato, niente gigioneggiamenti, niente accessi di follia, niente recitazione sopra le righe. Tenuto abilmente al guinzaglio è assolutamente perfetto e Penn ha alcune idee decisamente superiori alla media (su tutte il pollaio (foto a destra)).
Certo poi il film non riesce a quagliare tutte le istanze profuse, non riesce ad "andare oltre" la semplice esposizione di una realtà o di una problematica. Ma è già tanto.
Alla luce di La Promessa acquista molto più significato Into The Wild, il prossimo film di Penn che ho visto in anteprima alla Festa Del Cinema e che tra poco arriverà nelle sale italiane, configurando Sean Penn come un cineasta "agganciato al pianeta" non tanto in termini ecologisti, la sua non è una continua celebrazione della natura, ma più in termini animaleschi.
Ambientato nella parte più monumentale della natura incontaminata e montuosa americana, è un viaggio nella mente di un poliziotto arrivato alla pensione che tuttavia continua a desiderare di essere utile.
Rilassato e senza alcune pressione Sean Penn gira un film giustamente lungo che si prende il tempo che gli ci vuole per raccontare gli eventi, sapendo che spesso le pause, i cambi di ambiente, le digressioni e i particolari sono più importanti dei fatti. Specialmente se quello che ti interessa raccontare non è tanto il finale della trama o lo scioglimento dell'intreccio (che infatti è lasciato al destino) ma lo stato d'animo di un uomo, le sue inquietudini e il rapporto che stringe indirettamente con la natura o come essa influisca nella sua vita.
Jack Nicholson è incredibilmente moderato, niente gigioneggiamenti, niente accessi di follia, niente recitazione sopra le righe. Tenuto abilmente al guinzaglio è assolutamente perfetto e Penn ha alcune idee decisamente superiori alla media (su tutte il pollaio (foto a destra)).
Certo poi il film non riesce a quagliare tutte le istanze profuse, non riesce ad "andare oltre" la semplice esposizione di una realtà o di una problematica. Ma è già tanto.
Alla luce di La Promessa acquista molto più significato Into The Wild, il prossimo film di Penn che ho visto in anteprima alla Festa Del Cinema e che tra poco arriverà nelle sale italiane, configurando Sean Penn come un cineasta "agganciato al pianeta" non tanto in termini ecologisti, la sua non è una continua celebrazione della natura, ma più in termini animaleschi.
6 commenti:
Come forse ho già detto, quello che mi colpì del film è la matura consapevolezza del Penn regista, che accorda il ritmo della narrazione al respiro della sua riflessione, alla dilatazione di un thriller "anziano" in cui la soluzione è archiviata con la saggezza di chi sa che la verità è sfuggevole, che la realtà è legata al caso. Il fuoco si sposta presto dall'identità del colpevole all'ossessione del detective, alla cocciutaggine con cui spera di risollevare le sorti dell'esistenza (le figlia sacrificabile, la moglie abbrutita) sciogliendone un nodo, un singolo nodo, perché, ce lo insegna il giallo classico, ogni volta che un detective risolve un caso riafferma l'ordine delle cose, ordine istituzionale non meno che filosifico (positivistico) e religioso. Il romanzo di Durrenmatt del 51 da cui è tratto il film intendeva lucidamente svelare la perdita dell'innocenza del giallo (non a caso il sottotitolo era Un requiem per il romanzo giallo), mostrare l'irrimediabile caos dell'esistenza, la presunzione infantile di dominio che si annida nella ragione. Penn cala la questione nell'oggi e nell'america di provincia, abbassa la riflessione filosofica nel fango di un'umanità dolente e sottotono (Nicholson meravigliosamente tenuto a briglia stretta) e la questione passa quasi al campo della "religione", della fede, della speranza mistica nella giustizia. L'esito rimane lo stesso, il contenuto cambia leggermente. E il noir della mente durrenmattiano scarta di lato a investire i sentimenti umani, a travolgere gli affetti riconquistati di un vecchio detective, per dimostrare sì che il caos regna e la razionalità è sconfitta, ma per rivendicare anche l'eroico e folle tentativo di un uomo che sacrifica tutto per dimostrare il contrario.
Una volta tanto sono pienamente daccordo.
Ah sì? Haha, che fatica però, mi hai fatto snocciolare contorsioni che neanche Ghezzi sotto lsd...
:D
Sarò sintetico: a me The Pledge è piaciuto tantissimo.
efficace
sintetica pure io: è uno dei miei film preferiti
la reine
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