L'ultimo film di Ridley Scott segna il definitivo distacco (se ancora ci fosse stato bisogno di conferme) dell'autore inglese da una dimensione prettamente estetica di cinema e l'approdo ad una più narrativa e inevitabilmente più canonica.
Non fosse per la sequenza finale di sparatoria e "stanamento", il film non porta segni evidenti della mano di Scott tutto poggiato com'è (questa volta sì) sui due protagonisti.
Tratto da un fatto vero, o quantomeno ispirato a personaggi realmente esistiti, American Gangster ruota intorno al concetto di moralità e di etica della professione e di vita, sia essa la vita di un poliziotto o quella di un mafioso ed è l'ultima incarnazione del concetto di qualità mainstream all'americana: nulla di nuovo nella storia e pezzi da novanta che lavorano alla grande ma ognuno nel suo piccolo recinto.
La storia è ancora uno scontro di morali tra due uomini che a modo loro sono due outsiders, un poliziotto troppo morale e odiato dai colleghi corrotti e un mafioso di colore fuori da ogni gang o tribù che si inventa un traffico di droga tutto suo.
Vorrei tanto non scriverlo ma sembra l'ennesima riproposizione dei Duellanti, il mito del conflitto continuo e tenuto a distanza ancora una volta immerso in un contesto storico, poggiato su una ricostruzione che minuziosa non è (ma in fondo poco importa) e ha molto di manicheo (e questo invece importa).
Sotto la patina del "filmone" americano (durata di più di due ore, focus sugli attori di primo piano, personaggi che si propongono come titanici, contrasti forti e netti e una chiara rappresentazione di bene o male, anche quando non sono necessariamente separati) batte poco cuore e se la confezione come sempre è impeccabile (il film scorre che è un piacere e regala le emozioni che vi aspettate) dispiace notare la mancanza totale di quei guizzi che tanto anelo.
Non fosse per la sequenza finale di sparatoria e "stanamento", il film non porta segni evidenti della mano di Scott tutto poggiato com'è (questa volta sì) sui due protagonisti.
Tratto da un fatto vero, o quantomeno ispirato a personaggi realmente esistiti, American Gangster ruota intorno al concetto di moralità e di etica della professione e di vita, sia essa la vita di un poliziotto o quella di un mafioso ed è l'ultima incarnazione del concetto di qualità mainstream all'americana: nulla di nuovo nella storia e pezzi da novanta che lavorano alla grande ma ognuno nel suo piccolo recinto.
La storia è ancora uno scontro di morali tra due uomini che a modo loro sono due outsiders, un poliziotto troppo morale e odiato dai colleghi corrotti e un mafioso di colore fuori da ogni gang o tribù che si inventa un traffico di droga tutto suo.
Vorrei tanto non scriverlo ma sembra l'ennesima riproposizione dei Duellanti, il mito del conflitto continuo e tenuto a distanza ancora una volta immerso in un contesto storico, poggiato su una ricostruzione che minuziosa non è (ma in fondo poco importa) e ha molto di manicheo (e questo invece importa).
Sotto la patina del "filmone" americano (durata di più di due ore, focus sugli attori di primo piano, personaggi che si propongono come titanici, contrasti forti e netti e una chiara rappresentazione di bene o male, anche quando non sono necessariamente separati) batte poco cuore e se la confezione come sempre è impeccabile (il film scorre che è un piacere e regala le emozioni che vi aspettate) dispiace notare la mancanza totale di quei guizzi che tanto anelo.
2 commenti:
....sob... Lo ripeto per la 30sima, volta, a forza di dirlo solo io ormai non ho neanche più la certezza che sia vero. Ma io quando anni fa guardai Black Hawk Down e Hannibal, trovai quei guizzi di cui tu parli... e Ridley Scott mi sembrò un mostro (dopo Alien e Blade Runner addiritura un Dio).
specialmente in black hawk down.....che filmone delle immagini meravigliose
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