Lontano dai consueti polar Malle utilizza la figura dello stupido di successo per parlare di uomini e di brutalità, cosa particolarmente facile considerando la cornice storica (l'epoca della dominazione nazista in Francia).
Benchè la fotografia punti al realismo, come del resto anche molte sequenze quasi documentaristiche di violenza sugli animali (violenza contadina e non da cacciatori, ma che comunque ha il suo impatto e la sua forza che non vanno trascurati), da bravo francese formatosi negli anni '50 e in attività dai '60 Malle riesce a non rinunciare mai al gusto estetico, anche se non c'è da giocare con luci e colori e anche se non c'è da stilizzare nulla.
Carrelli bellissimi (l'inizio in bicicletta), prospettive inusuali, inquadrature con gli oggetti a delimitare il bordo del visibile e a fungere quindi da mascherini e un uso espressionista della profondità di campo. Malle usa tutta la cassetta degli attrezzi "basic" di un regista povero per un film che invece ha aspirazioni ricche.
Aspirazioni che non coglie in pieno ma che lascia intuire e che non ha la superbia di inseguire a tutti i costi. In sostanza Cognome e nome: Lacombe Lucien, benchè portatore di figure che si prestano facilmente al didascalismo (lo scemo, il professore, i nazisti, i razzisti ecc. ecc.) si limita davvero a mostrare, trovando in questo un'insperata salvezza.
Benchè la fotografia punti al realismo, come del resto anche molte sequenze quasi documentaristiche di violenza sugli animali (violenza contadina e non da cacciatori, ma che comunque ha il suo impatto e la sua forza che non vanno trascurati), da bravo francese formatosi negli anni '50 e in attività dai '60 Malle riesce a non rinunciare mai al gusto estetico, anche se non c'è da giocare con luci e colori e anche se non c'è da stilizzare nulla.
Carrelli bellissimi (l'inizio in bicicletta), prospettive inusuali, inquadrature con gli oggetti a delimitare il bordo del visibile e a fungere quindi da mascherini e un uso espressionista della profondità di campo. Malle usa tutta la cassetta degli attrezzi "basic" di un regista povero per un film che invece ha aspirazioni ricche.
Aspirazioni che non coglie in pieno ma che lascia intuire e che non ha la superbia di inseguire a tutti i costi. In sostanza Cognome e nome: Lacombe Lucien, benchè portatore di figure che si prestano facilmente al didascalismo (lo scemo, il professore, i nazisti, i razzisti ecc. ecc.) si limita davvero a mostrare, trovando in questo un'insperata salvezza.
8 commenti:
rassegna al filmstudio?
brava
che segretaria sarei altrimenti...
Oggi ho visto La Guerra di Charlie Wilson. Certo lui c'ha delle segretarie.........
condivido integralmente
Sempre così puntuale nelle tue analisi e capace di trasmetterci il senso di quello che succede sullo schermo. Ma freddo. Ricordo che questo film mi ha emozionato, e mi è piaciuto farmi trasportare. é Malle che ti da poco oppure hai oramai inesorabilmente il vizio del critico navigato? Per i limiti di mezzi, l'ignobile personaggio di Lucien, quello della stupenda figlia del gioielliere ebreo, dei francesi che sanno come godersi la vita nonostante tutto, i tedeschi ritagliati nel loro ruolo, Malle quella sera mi ha toccato.
A me abbastanza ma non troppo.
Non so non mi vedo molto ingelidito dal lavoro e spero che si capisca dalla recensione di Allen...
Vedrò il film e ne leggerò subito la tua recensione. A presto.
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