Ci sono poche cose migliori di un colossal fatto come si deve. E quasi nessuna migliore di un colossal d'ambientazione esotica della durata di 3 ore e mezza nel quale non c'è nessuna battuta pronunciata da una donna. Che ce ne vuole per fare 3 ore e mezza di film senza nemmeno una donna...
Ovviamente Lawrence D'Arabia è ben più di un film maschilista, è semmai il racconto epico del momento fondamentale nella vita di T. E. Lawrence (quando è stato alla testa della grande insurrezione araba) fatto trascurando uno degli aspetti più importanti della figura realmente esistita: la sua sessualità.
Il film però non ne risente perchè il fuoco è altrove, cioè sulla visione complessa dei dilemmi interiori del protagonista, tutti rappresentati dalle sue molte contraddizioni esterne.
Narciso e autolesionista, folle e coraggioso, audace e vigliacco, pacifista e guerrafondaio, attratto e repulso dal sangue ecc. ecc. Ma ancora di più la chiave più affascinante attraverso la quale leggere Lawrence D'Arabia è la ricerca tutta interna a David Lean del rapporto tra realtà e predestinazione.
Attraverso le gesta di un uomo straordinario, passato alla storia come un grande stratega e una delle migliori menti militari mai esistite, Lean si chiede se lui, che tanto lo desiderava, sia poi riuscito a controllare il suo destino o se nemmeno per lui sia stato possibile. E se lo chiede come tipico del cinema britannico con un uso fenomenale delle immagini impresse su pellicola da 70mm(da questo punto di vista mi chiedo se gli inglesi siano gli asiatici d'Europa...). Se Il Tè Nel Deserto forse mette in scena il miglior deserto mai visto è però Lawrence D'Arabia il film che più sa rendere il "senso ultimo" del deserto come luogo limite dove la vastità degli spazi e la scomparsa degli orizzonti si risolvono in una diversa concezione dell'uomo.
Non a caso in una delle sequenze che meglio assemblano gusto dell'immagine, invenzione visiva, senso del cinema, strutturazione del racconto e grande epica (quella del ritorno di Lawrence dal deserto dove era andato a riprendere il soldato rimasto indietro) è lo stesso protagonista ad affermare con un filo di voce che "Nulla sta scritto".
Eppure quando dopo poche settimane lui stesso sarà costretto ad uccidere a freddo quell'uomo che aveva tanto penato per salvare il commento arabo all'accadimento a mezza bocca sarà: "Si vede che era scritto".
Ovviamente Lawrence D'Arabia è ben più di un film maschilista, è semmai il racconto epico del momento fondamentale nella vita di T. E. Lawrence (quando è stato alla testa della grande insurrezione araba) fatto trascurando uno degli aspetti più importanti della figura realmente esistita: la sua sessualità.
Il film però non ne risente perchè il fuoco è altrove, cioè sulla visione complessa dei dilemmi interiori del protagonista, tutti rappresentati dalle sue molte contraddizioni esterne.
Narciso e autolesionista, folle e coraggioso, audace e vigliacco, pacifista e guerrafondaio, attratto e repulso dal sangue ecc. ecc. Ma ancora di più la chiave più affascinante attraverso la quale leggere Lawrence D'Arabia è la ricerca tutta interna a David Lean del rapporto tra realtà e predestinazione.
Attraverso le gesta di un uomo straordinario, passato alla storia come un grande stratega e una delle migliori menti militari mai esistite, Lean si chiede se lui, che tanto lo desiderava, sia poi riuscito a controllare il suo destino o se nemmeno per lui sia stato possibile. E se lo chiede come tipico del cinema britannico con un uso fenomenale delle immagini impresse su pellicola da 70mm(da questo punto di vista mi chiedo se gli inglesi siano gli asiatici d'Europa...). Se Il Tè Nel Deserto forse mette in scena il miglior deserto mai visto è però Lawrence D'Arabia il film che più sa rendere il "senso ultimo" del deserto come luogo limite dove la vastità degli spazi e la scomparsa degli orizzonti si risolvono in una diversa concezione dell'uomo.
Non a caso in una delle sequenze che meglio assemblano gusto dell'immagine, invenzione visiva, senso del cinema, strutturazione del racconto e grande epica (quella del ritorno di Lawrence dal deserto dove era andato a riprendere il soldato rimasto indietro) è lo stesso protagonista ad affermare con un filo di voce che "Nulla sta scritto".
Eppure quando dopo poche settimane lui stesso sarà costretto ad uccidere a freddo quell'uomo che aveva tanto penato per salvare il commento arabo all'accadimento a mezza bocca sarà: "Si vede che era scritto".
9 commenti:
"quella del ritorno di Lawrence dal deserto dove era andato a riprendere il soldato rimasto indietro"
Stupenda scena.
Si è una cosa assurda quella scena mi sta ossessionando da giorni.
Mo' sto cercando di metterla su Youtube che è assurdo che non ci sia.
Infatti la stavo cercando ora e non la trovavo.
In compenso ho trovato quella in cui lui si picca di voler bere il primo bicchiere d'acqua solo quando anche la sua guida, un beduino, farà lo stesso. In tutta la prima parte del film c'è questa tensione a voler essere come loro... poi quando gli entusiasmi dell'impresa svaniscono subentra un diverso sguardo verso gli arabi.
Me lo devo rivedere sto film...
Si bellissimo. E si trova anche la scena bellissima in cui Anthony Quinn si vanta del suo status presso la sua gente ma alla fine consapevolmente non sa resistere alle loro lusinghe e si unisce alla marcia.
curioso,ho finito ieri di leggere "la stella del mattino" un libro scritto da un autore del collettivo wu-ming che parla proprio della vita di Lawrence,intrecciata quella di Tolkien e di Graves....curioso...cmq si lui era un ambidestro autolesionista...
Si esatto, la sessualità nel film non è esplorata per nulla mentre l'autolesionismo è splendidamente accennato e evocato in più scene.
cioè era frocio?
decisamente...ma per quanto ne so io la cosa lo infastidiva...
Si aveva un rapporto di amore/odio sia con l'omosessualità che con l'autolesionismo.
Posta un commento