A Parigi, in una specie di realtà più grigia della nostra in cui tutti vogliono morire e il suicidio è grottescamente illegale (chi viene trovato morto riceve una multa salatissima), una bottega aiuta la gente a uccidersi fornendo tutto l'occorrente sia per essere certi del risultato che per farlo in grande stile o anche solamente nella maniera che si preferisce. Così, con il massimo della melliflua ruffianeria da mercante, la famiglia di bottegai vende agli avventori cappi, veleni, coltelli e via dicendo. Il dramma inizia quando l'ultimo nato sembra inspiegabilmente pieno di gioia di vivere invece che essere depresso come i fratelli.
La facile allegoria con il presente è presto detta, La bottega dei suicidi estremizza la tendenza al dark, depresso ed emo presente nella società, il continuo lamentarsi e tutto il lato malinconico del vivere urbano, rendendolo un'aperta volontà di morte. A questo subito contrappone il protagonista, inspiegabilmente (e un po' stupidamente) pieno di voglia di vivere, di sorridere e di fare. Lui e i suoi amici, misteriosamente immuni dalla depressione generale.
Laconte sfrutta un tratto abbastanza familiare all'animazione francese (non siamo distanti da Chomet) per un cartone volutamente adulto nei temi e nell'esposizione che, per compiere il suo percorso dalla depressione alla gioia, non disdegna di camminare per il sentiero della scoperta personale dell'erotismo.
Condito da canzoni non eccessivamente elaborate e tutto intento a far trionfare un urticante buonismo, La bottega dei suicidi uccide dopo poco la parte interessante della propria premessa, ovvero l'esposizione di una morale contraria a quella solitamente sbandierata.
Poteva essere molte cose questo film, da un modo interessante di parlare della libertà di scelta, ad un inno al diritto di pensarla come si vuole, fino ad una commedia grottesca spinta. Invece non è nulla, un cartone che ben presto si rivela convenzionale sia nella storia, che nelle idee, che nella realizzazione.
2 commenti:
in extremis, avendolo visto il 30 dicembre, si aggiudica la palma di peggior film del 2012! Spero che Laconte sia diventato cliente della bottega di cui narra le vicende.
Si più passa il tempo meno mi sembra salvabile
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