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31.1.14

Saving mr. Banks (id., 2014)
di John Le Hancock

E' chiaro che non c'è nessuno di meno affidabile della Walt Disney Company per raccontare la storia del making di Mary Poppins, passando per la personalità dell'uomo che ha fondato lo studio dandogli il nome. E' altresì evidente che questa operazione di autopromozione a più livelli sarà condotta sui toni disneiani e in nessuna maniera possa risultare veritiera (può contenere fatti veri ma non essere veritiera). Soprattutto visto il fatto che la protagonista accusa Disney e la sua compagnia esattamente di quelle cose di cui sovente vengono accusati (creare un immaginario di plastica e standardizzato ad uso e consumo proprio, individuando nei bambini solo un'opportunità di business e lavorando sul rimosso degli adulti), non a caso il suo sciogliersi finale non passerà per argomentazioni razionali, non le verranno opposte altre ragioni, verrà conquistata da quel mondo di piccoli sogni, musiche, colori e balletti. La forza innegabile della narrativa classica disneiana o, se preferite, la linea di difesa della Disney condotta non razionalmente ma sentimentalmente (cosa che in sè già equivale a barare).

E' proprio per questo che il film di John Lee Hancock stupisce, perchè a fronte della consueta operazione di smussamento delle asperità e della volontà di ricondurre ogni relazione e ogni profilo nei canoni del prevedibile (la medesima strategia attraverso la quale la Disney negli anni ha acquietato testi spesso eversivi e duri come La sirenetta, Pinocchio, Peter Pan... E contro il quale mrs. Travers si batteva), c'è nell'essenza stessa dell'idea di Saving mr. Banks più d'un inatteso stimolo visivo e complessità filmica. L'unico rimpianto è che spesso il film apra strade che poi si rifiuta di percorrere, scegliendo invece le più trite banalità e di affidarsi ad attori d'innegabile maestria impegnati però nei ruoli per loro più canonici, quelli che conoscono meglio e sui cui punti di forza sanno lavorare con l'abilità del mestiere.

E' il caso del presupposto principale: l'autrice del libro di Mary Poppins non intende vendere i diritti alla Walt Disney Company, della quale pensa tutto il male possibile, accetta dunque solo a patto di lavorare alla sceneggiatura, dopo un inizio da orco dittatoriale si lascerà lentamente conquistare dal mood Disney. Più in profondo quel che accade è che la protagonista, venuta da Londra, è martoriata dal caldo californiano, quel nuovo ambiente comincia subito a lavorare in lei contro la sua volontà, le ricorda l'infanzia in Australia, memorie che allontanava e ora la ossessionano di continuo nella forma del flashback. Sono i traumi alla base della storia di Mary Poppins. Purtroppo però, come si diceva, lo stimolo non è seguito fino in fondo e questa relazione tra ambiente, calore e ossessione delle memorie (potenzialmente devastante) non avviene con la forza immaginata, è semmai più un lieve ritornare.

Lo stesso si può dire per l'idea (anch'essa fortissima) di operare una vera e propria rilettura di Mary Poppins: la storia di come quella donna magica sia venuta nella famiglia Banks non tanto per i bambini ma per salvare il padre (l'unico personaggio che in quel film compie un'evoluzione), lui è la vittima e lui il reale protagonista. Non è così, lo sappiamo, tuttavia Saving mr. Banks per completare la suddetta rilettura arriva, nel finale, tramite un montaggio ad ellissi ad accostare tra loro solo scene del film originale con mr. Banks, in una sorta di recut che davvero rilegge le immagini in armonia con la sua tesi. A questo punto poco importa che non sia la realtà delle cose, perchè il punto di vista ha subito senso e fuso con i temi di questo film crea un ibrido nuovo tra quelle e queste istanze.
Ma anche in quel caso è più uno spunto suggerito, una strada che sembra di intuire e che il film purtroppo non intende battere fino in fondo.

Infine una precisazione. Personalmente non amo il doppiaggio, non ne parlo spesso per non avallare l'idea che ci siano film che non si possono vedere doppiati e film che possono essere visti doppiati, la sovrapposizione di una colonna audio realizzata da persone che nulla hanno a che vedere nè conoscono quelle che hanno realizzato la parte video è esecrabile in ogni caso (per questo la sola idea di un doppiaggio buono e di uno cattivo ha il medesimo senso di quella di una diseducazione buona e una cattiva). 
Tuttavia non posso negare che la forza di Saving mr. Banks venga dalla maniera in cui lavora con la memoria, sia quella continuamente rievocata della protagonista, sia quella dello spettatore. In questo la madeleine delle canzoni e delle scene di Mary Poppins gioca un ruolo determinante, specie nel gran finale. E per il pubblico italiano Mary Poppins è un film doppiato, quella è l'unica versione che scateni il gioco di rimandi mnemonici. Vedendo il film in lingua originale dunque si perderebbe l'effetto di un finale girato appositamente per strappar lacrime secondo il canone disneiano più puro (una per ogni sorriso) e in questo dannatamente perfetto.
 

2 commenti:

Fabio ha detto...

A me il film è piaciuto, Disneyano all'ennesima potenza, pure in un modo un po' nuovo... e per me è un complimento, perché io non ho mai pensato male di Disney. Per me è un mito come tutti i pionieri, e se fosse facile fare soldi vendendo sogni alla gente allora lo farebbero tutti.

A proposito di doppiaggio, su cui spesso non siamo d'accordo: hai mai letto le testimonianze che descrivono l'interesse e la partecipazione diretta di Kubrick al doppiaggio italiano dei suoi film? E che il maestro stesso ritenesse alcune scene migliori in italiano che in originale, tanto da fornire ai doppiatori le indicazioni di scena che i suoi attori (magari non altrettanto bravi) non avevano saputo seguire?


gparker ha detto...

Si Kubrick si spendeva moltissimo e ci lavorava molto ma a quel punto non è più il doppiaggio come lo intendiamo.
Cioè io lo critico soprattutto perchè è un'ingerenza di gente che non centra nulla con il film. È chiaro che se se ne occupa più o meno direttamente il regista è diverso (come Fellini).
Di certo comunque nel caso di film straniero manca la voce dell'attore originale e quindi per me è un NO, però la forma più accettabile di doppiaggio è quella in cui il regista se ne occupa


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