CINEMA D'OGGI
FESTIVAL DEL FILM DI ROMA
FESTIVAL DEL FILM DI ROMA
É una storia comune a moltissimo cinema italiano recente, quella della "patina di genere", una foglia di fico che nasconde il solito film, ovvero il solito dramma intimista a cui di volta in volta viene aggiunto un cadavere o (in maniera ancora più fasulla e svogliata) un "detective" come nel film di Claudio Noce.
Montanari che parlano un buon italiano solo poco sporcato di dialetto, che si soffermano in delicati momenti di sospensione, che indugiano come piccoli poeti o che cullano teneri sogni di Brasile e si stendono sul letto a braccia aperte. Tutto è delicato e soffice come la neve che (anch'essa) poeticamente scende e i momenti più forti sono attutiti da un ralenti molesto. Il mondo ritratto parte per essere giustamente spietato e soprattutto di frontiera, luoghi e umanità agitando le quali si dovrebbe avere l'impressione che tutto possa succedere, che la morte sia dietro l'angolo e che invece agiscono come i più comuni medio-borghesi di città da cinema italiano.
Come se non riuscisse mai davvero a desiderare di aderire ad un certo mood (quello del giallo o del poliziesco) La foresta di ghiaccio sembra aver preparato un tipo di film per poi rimescolare le carte e farne un drammatico senza sale, in cui anche quel po' di interesse che i presupposti lasciavano trapelare si scioglie a mano a mano che i personaggi perdono in coerenza (la storia di sesso della detective pare quasi obbligatoria tanto è forzata ed inutile, le arroganze dei serbi sembrano precludere chissà cosa che non arriva mai e la "liberazione tramite colpo di fucile" nel finale manca di qualsiasi senso).
Impossibile da definire come film "pessimo" perchè recitato, montato e fotografato a livelli più che buoni e con competenze più che buone (sebbene come sempre la recitazione abbia un peso sproporzionato nell'economia della messa in scena, come se tutto dovesse passare da lì), la seconda opera di Claudio Noce è piuttosto un film scombinato che non va da nessuna parte e finisce inevitabilmente per annoiare. Molto.
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