MONDO GENERE
FESTIVAL DEL FILM DI ROMA
FESTIVAL DEL FILM DI ROMA
La storia è quella di un giovane medico appena laureato che arriva in visita in un manicomio (siamo nel 1899) con l'obiettivo di fare pratica e si ritrova in un istituto anticonvenzionale nel quale le malattie mentali sono assecondate invece che essere curate. Già dopo poco però comincia a serpeggiare il dubbio che non tutto sia come appare.
Il primo merito di Brad Anderson nell'adattare questa storia è quello di avere un'idea di "colpo di scena" molto più ampia di quello a cui siamo abituati, i twist sono diversi e non solo quelli più attesi, soprattutto li usa per dar vita al classico cinema da manicomio, quello che nell'indagare la malattia mentale sfuma il confine tra ciò che è vero e quel che falso. Perchè in ultima analisi, per il cinema di genere (e Stonehearst Asylum è un film di genere) la pazzia è un male che nasce nel film ma contagia lo spettatore, portando lo svolgimento a fare continua confusione tra ciò che è vero e ciò che appare, come se chi guarda pure non fosse capace di leggere più correttamente la realtà e venisse continuamente ingannato e stupito dagli eventi.
Per questo alla fine il film sembra un buon remake di un film vecchio stampo quest'ultimo di Anderson, tanto sono convenzionali l'impianto generale, i toni, gli umori e le atmosfere e tanto è invece moderno lo svolgimento, smaliziato e per nulla timoroso di cercare lo spettatore più popolare lasciando qualche (vago!) spunto più serio nello sfondo.
Sarebbe insomma crudele non riconoscere a questo filmetto gotico così rapido e veloce la capacità di fare un lavoro molto sporco e farlo bene, senza cercare una gloria che non gli appartiene, senza velleità fuori posto ma con un sano spirito cinematografico.
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