C'è una storia vera dietro questo film del 2008 che ci arriva in Italia con 7 anni di ritardo, quando tutti gli attori che lo interpretano sono ormai più vecchi e in posizioni diverse della loro carriera rispetto a quando lo hanno girato. È una specie di viaggio nel tempo Nothing but the truth.
E dire che è un bel film, ben scritto e ben adattato dalla realtà, con la sapienza di prendere lo spunto morale (cioè ciò che impressiona, che qualcuna davvero abbia resistito come la protagonista) ma saper deviare dal realismo quando serve di fare fiction, di aumentare, sottrarre o giocare con le convenzioni del cinema. Soprattutto Nothing but the truth è un film scritto con grandissimo equilibrio da Rod Lurie, probabilmente il suo primo script così teso, preciso e misurato.
La storia è quella di una giornalista che incastra una spia della CIA e ne rivela l'identità in un articolo. La scoperta le è venuta da una fonte che non intende rivelare (come l'etica giornalistica impone), primo per spirito di adesione ad una morale e poi in seconda battuta perchè farlo rovinerebbe la vita di quella persona che "mi ha fatto la rivelazione senza sapere di farlo". Solo che rivelare l'identità di un agente segreto costituisce alto tradimento, motivo per il quale la corte degli Stati Uniti decide di passare sopra la ferrea regola giornalistica della segretezza delle fonti e imporre alla giornalista di rivelare il nome. Da qui parte una battaglia legale e umana potente, che ha il sapore dell'epica perchè non mette contro esseri umani ma visioni del mondo, valori e un'autentica forza. Un western che si misura sul braccio di ferro morale tra la legge degli uomini e la morale di una tra questi.
La forza di Kate Beckinsale (una volta tanto) è quella della fermezza, il suo corpo femminile, solitamente (specie nel 2008) pronto a colpire è stavolta il tipico corpo che subisce, pronto ad accettare il dolore, massacrata da accuse, prigionia, angherie e separazioni dei figli, tutto quello che il procuratore Matt Dillon riesce ad infliggerle, ma lo affronta senza muoversi dal proprio principio, fornendo così ad esso lo statuto delle grandi idee e, in breve, pietra fondante del nostro essere umani. Lungi dall'essere sbrigativamente archiviato come un film sul giornalismo (di quella morale tratta), il vero pregio di Nothing but the truth sta nel suo farsi parabola universale, tirare così allo stremo la morale professionale da farne una questione di umanità. Quanto siamo legati ai nostri principi? Quanto siamo disposti a lottare per essi? Qui entra il realismo, la storia della vera reporter, Judith Miller, realmente rimasta fedele al dettame della segretezza contro tutti i suoi interessi, qui questo film di finzione si ancora bene alla verità, senza rimanere vittima della verità ma capace di usare eventi reali e inventati per costruirne una sua di verità.
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