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18.1.17

Funne (2016)
di Katia Bernardi

Funne è un documentario di grandezza comunale. Racconta una storia tutta interna ad un minuscolo centro (Daone, provincia di Trento) in cui alcune signore del circolo femminile “Rododendro”, circa una decina di membri dall’età media di 76 anni, per i 20 anni del circolo stesso vorrebbero organizzare una gita al mare ma non hanno i fondi per farlo. A dare unicità all’evento è il fatto che per molte sarebbe la prima occasione assoluta di vedere con i loro occhi il mare. Tenteranno di raccogliere la cifra necessaria ad andare in Croazia con un improbabile calendario e poi con una campagna crowdfunding su internet che le porterà brevemente sotto i riflettori di giornali e radio.

La storia di queste signore che oscillano tra il molto arzillo e il molto timorose, tutte decisamente religiose e dotate di un piglio ironico non comune, è narrata con una fastidiosissima voce fuoricampo di stampa favolistico che impone una chiave di lettura ad eventi che, di loro, ne avrebbero già parecchie possibili.
Volendo però escludere la fastidiosa imposizione di una guida zuccherosissima (che ha il grave difetto di ripulire ancora di più il film di qualsiasi asperità), rimane un’osservazione per nulla scema di un contesto remoto, che annulla i mariti e si concentra solo sulle donne, spesso vedove, lasciandole per un momento sole con la loro estraneità.

Marginali perché anziane. Marginali perché provinciali. Marginali perché montanare. Marginali infine perché donne e quindi lontane da qualsiasi attività produttiva che non sia casalinga. Le funne (vuol dire ”donne di montagna” nel dialetto locale) sono naive ad un numero impressionante di livelli. Nutrono un sogno che è tale davvero solo per quelle poche tra di loro che una volta, tanti anni fa, al mare ci sono state, hanno un momento di sincera emozione travolgente solo quando intervengono al telefono a Radio Vaticana (“Grazie. E mi saluti il Papa”) e collegano un’espressione inglese come “All Right” non alle generazioni moderne ma a quella dei loro padri. Eppure c’è in loro una voglia di muoversi in avanti, di fare e non arrendersi che è il contrasto in grado di dare interesse al film.

Quello che Funne mette in scena non è realmente il loro tentativo di raccogliere i soldi per andare al mare. Quel pretesto agita esseri umani che non sono mai sotto il riflettore, gli dona un obiettivo buono per fare un racconto il cui vero scopo è guardarle in attività. Katia Bernardi le segue proprio eccitandosi nel guardarle “agire”. Le molte discussioni appaiono incolori e sono semmai le azioni, la decisione e l’indefessa determinazione nel guardare avanti a sé e non indietro (come è invece tipico della rappresentazione della terza età) che colpisce e coinvolge. Funne ha un ovvio lato ruffiano, di commedia e tenero, ma anche una meno visibile capacità di mettere in scena il marginale con inaspettata epica regionale.

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