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11.2.17

50 Sfumature di Nero (Fifty Shades Darker, 2017)
di James Foley

“Ci sono tantissimi talenti della letteratura che pubblicano le loro prime opere online, dovremmo pubblicare qualcuno di loro, qualcuno di fresco e innovativo!”, è la prima frase pronunciata da Anastasia Steele alla riunione dei direttori della casa editrice cui è ammessa per causa di forza maggiore, nonostante fino a pochi secondi prima fosse solo segretaria, e nemmeno a dirlo sarà un’idea ritenuta ottima da tutti.
La medesima ingenuità che si trova in questo momento in cui E. L. James (scrittrice dei romanzi da cui è tratto il film, inizialmente pubblicati solo online) e suo marito Niall Leonard (con cui ha cosceneggiato il film) lodano indirettamente se stessi, domina tutto un film in cui sembra che chi ha adattato il romanzo non sappia che il sadomaso, sul grande schermo, fa letteralmente ridere a meno che si abbia un’idea molto precisa di come mostrarlo per liberarlo da anni di prese in giro. E davvero non era possibile aspettarsi da una scrittrice poco avvezza all’audiovisivo e da un marito sceneggiatore di serie tv poco note, un risultato degno di un compito così complesso.

Nonostante quindi questo secondo capitolo di 50 Sfumature riceva con gioia le risate involontarie e in certi momenti involontariamente superi le sue stesse parodie, non è possibile nemmeno fingere che i due coniugi non abbiano centrato ben più dei loro predecessori il punto di questa storia, adattandola in un film che con tutti i suoi difetti appare molto migliore del precedente e soprattutto molto più onesto nei confronti dello spettatore. Privi dello snobismo dei cinematografari che impone di nobilitare la materia più bassa, di obbligarla ad ambizioni fuori misura, annullandone le componenti più puramente di genere, i due coniugi hanno scritto un guilty pleasure efficace che come spesso accade ai film di serie B (nonostante budget, incassi e star coinvolte l’anima rimane quella e non te la levi mai) è capace di dire moltissimo sul mondo che lo guarda.

50 Sfumature di Nero finalmente mette in scena il sesso. Con tutta la circospezione e la discrezione del caso e senza turbare i minori di 17 anni, questo film è pieno di amplessi che mettono a frutto un po’ di attrezzatura “tecnica” di mr. Grey. Al contrario del precedente stavolta si mette in scena il piacere e per quanto venga fatto con il grado zero della messa in scena (una donna che finge di godere e si morde le labbra), quel che il film racconta è una storia in cui gli istinti del corpo guidano i battiti del cuore. Invertendo l’assunto del cinema mainstream più scemo e paradossalmente andando dalle parti dei capolavori melò della Hollywood Classica, 50 Sfumature di Nero impone la legge del corpo a due amanti, sottomette il loro amore alla loro attrazione fisica e fa in modo che l’intesa sessuale li tenga insieme molto più dell’amore. Un film gigante come questo non sta sulla frontiera né sorprende il pubblico, semmai ne segue gusti e inclinazioni, per questo quel che più tutto ci dice è quanto sia cambiato il rapporto tra mondo femminile e sesso.

Che tutto questo poi avvenga con un crescente senso di soap opera, tra bieche donne rivali rifatte (Kim Basinger), ritorni dal passato, viaggi in elicottero immotivati che lasciano gli altri a temere per il peggio e colpi di scena improvvisi che sono tali solo per il pubblico più semplice di cuore, non fa che rafforzare l’impressione che sporcandosi davvero le mani con la materia trattata questa storia trovi la sua piena realizzazione. 50 Sfumature di Nero non è affossato dal suo semplicismo ma né semmai elevato in sincerità.
Certo andando a vedere questo film con una disposizione d’animo sbagliata si può anche morire dal ridere (cosa vera per ogni autentico film di genere) ma è solo un attestato di stima. Onesto e sincero con il suo pubblico al netto di una scrittura dozzinale, 50 Sfumature di Nero è un guilty pleasure perfetto e, a suo modo, ammirabile.

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