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20.12.17

Natale Da Chef (2017)
di Massimo Boldi

Quando a Massimo Boldi rimane solo l’umorismo di parola, la situazione è nera anche per i suoi fan più affezionati.

Impossibilitato a misurarsi con le sue solite gag fisiche per raggiunti limiti di età, gli ultimi film di Massimo Boldi lo vedono impegnato più che altro in gag verbali, arma che non è mai mancata al suo repertorio ma che in passato era più che altro un condimento, mentre ora è la portata principale. Natale da Chef lo vede costretto a misurarsi con assurdità, calembour, piccoli tormentoni e la solita assurda esagerazione di effetti pratici (di montaggio più che altro) troppo poco credibili per essere divertenti, in una trama che (paradossalmente) poteva essergli più congeniale di altre.

Cuoco disastroso, Boldi viene assoldato da un catering per perdere la gara d’appalto del prossimo G7. Chiuso assieme alla sua brigata di incompetenti dentro un hotel vive dell’equivoco di pensare di essere un grande chef, chiamato per vincere e come lui anche il sommelier astemio (Dario Bandiera), che verrà fregato dall’assaggiatrice di vini che lo giudicherà, la quale lo convincerà che un’anziana signora è la giudice da corrompere sessualmente; la pasticcera in realtà spogliarellista (Rocio Munoz Morales), che cercherà di non farsi scoprire dal marito cornuto convinto che lei sia fedele pasticcera; e l’aiuto cuoco (Biagio Izzo) che ha perso il gusto e non sente più i sapori o gli odori (come il maestro Chu di Mangiare Bere Uomo Donna!).

Diretto da Neri Parenti e prodotto da Massimo Boldi, Natale Da Chef non si prende nemmeno un rischio, vuole soddisfare il pubblico dei film di Natale di una volta e gli regala il cinepanettone, ricetta classica, a cui però il tempo ha sottratto le suddette gag fisiche di Boldi e anche la potenza sessuale di cui facevano le spese le donne, qui limitatissima a qualche apprezzamento al sedere della spogliarellista/pasticcera. Addirittura anche l’alfiere della comicità a gusto pessimo, Enzo Salvi, è ammansito nel ruolo di un ingenuo carabiniere continuamente raggirato.

Boldi e Neri Parenti sono gli unici ad essere rimasti fedeli alla formula classica del cinepanettone, quelli che l’hanno portata avanti fino a oggi. Ma questo film non fa che dimostrare come, per sopravvivere, l’abbiano dovuta imborghesire, sottraendole qualsiasi antica potenza volgare e scatologica. Quel che rimane è un film fatto male (come sempre sono stati), realizzato con la sciatteria e il pressappochismo che il genere comanda, fondato come sempre sull’equivoco e lo scambio di persona, uniche salvezze di ogni situazione comica, ma privo della vena demenziale che una volta gli dava una patina di personalità. Se non altro.

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