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27.8.18

Hotel Transylvania 3 (id., 2018)
di Genndy Tartakovsky

Cambia tutto alle redini di Hotel Transylvania all’alba del terzo film e finalmente tutto gira per il verso giusto. Dopo due film mortificanti in cui uno dei più grandi animatori freelance dei nostri anni (Genndy Tartakosvky) è stato a servizio della banda Adam Sandler (produttore e nel secondo film anche sceneggiatore), ora con un cambio in cabina di produzione (via Smigel e Sandler) e nella stanza degli sceneggiatori (dentro lo scrittore di Austin Powers e collaboratore di Tina Fey assieme allo stesso Tartakosvky), il film finalmente acquista un senso anche se la trama ormai stiracchiata e incapace di dare molto è quello che è.

Quella che ormai è una famiglia mista di mostri e umani se ne va in crociera, una crociera per mostri, evidentemente, nella quale un capitano umano sembra pronto a soddisfare tutti i desideri degli ospiti ma si svela in realtà ben presto essere la nipote del più grande nemico del conte. È tutta una trappola e lei medita di sedurlo ed ucciderlo. Inconsapevole la banda di parenti e amici del conte si dà alla pazza gioia.

Come si capisce non era semplice tirare fuori qualcosa di sensato da un simile canovaccio che sembra fatto apposta per accostare gag cretine. Invece Tartakovsky e McCullers scrivono una delizia che vive della propria animazione, mette in armonia la rapidità dei movimenti che caratterizza lo stile di Tartakovsky con una battaglia dialettica sempre fitta, inventano gag tutt’altro che sceme (il finale con la battaglia musicale al ribasso, verso il disprezzo, è geniale), mettono sullo schermo un character design fantastico (almeno per i personaggi nuovi) e mostrano un’idea realmente alternativa e autonoma di animazione.

Non muta il target, sempre molto basso come età, ma di certo muta la qualità della proposta. Hotel Transylvania 3, proprio quando era persa ogni speranza per la salvezza dell’anima di Tartakosvky, si rialza alla grande, confezionando un cinema dalla spiccata vocazione commerciale, dalla spietata logica ruffiana verso il proprio pubblico di riferimento (le famiglie) e dalla scarsa profondità narrativa, che tuttavia sembra per la prima volta nella saga essere davvero un lavoro di animazione propriamente detta e non una produzione alimentare fatta con il solo scopo di attirare pubblico facile.

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