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18.5.19

Atlantique (id., 2019)
di Mati Diop

Ada ama Souleiman ma si deve sposare con un altro ragazzo, che a differenza di lei è molto ricco. Nella Costa D’Avorio il denaro è troppo importante perché la famiglia possa dare retta all’amore di una figlia e al suo desiderio, così il matrimonio avverrà. Niente di più classico. Mati Diop racconta una storia che esiste a tutte le latitudini del mondo, l’eterna trama dell’amore schiacciato dalle esigenze familiari ma alimentato dal ribellismo giovanile, e lo fa con non poche velleità. Teen movie d’autore dai tempi dilatati e grande attenzione alle povertà e alle condizioni di vita.

Per fortuna a metà di Atlantique entra un’altra trama, entra un investigatore con strani svenimenti e un magnate che riceve la visita di alcune ragazze dagli occhi bianchi, spiritate. Al matrimonio di Ada il letto matrimoniale prende fuoco rischiando di scatenare un incendio, il principale indiziato è Souleiman ma nessuno lo vede da giorni, è partito su una barca vela con altri ragazzi.
Finalmente vediamo un film africano d’autore che non si limita ad imitare i corrispettivi europei ma trova una propria personalità. Dopo decenni di filmacci provenienti dai paesi africani realizzati ad immagine e somiglianza del cinema europeo (ma non a quel livello) Mati Diop racconta una storia semplice contaminandola di un tipo di spiritismo a noi sconosciuto, facendo in modo che le storie di spiriti abbiano una funzione e una mitologia che da noi non hanno.

E quando alla fine tutto questo spiritismo incrocia la trama iniziale di Ada e Souleiman, quando negli specchi vediamo riflesse le vere identità di queste persone spiritate e capiamo il ruolo dell’investigatore addirittura Atlantique riesce ad azzeccare delle immagini potentissime (quella finale delle manette) e sentimentali, straccialacrime ma con gusto e coerenza (addirittura anche le frasi poetiche fuoricampo con immagini del mare trovano un loro senso, incredibile!).
Certo rimane un film troppo a lungo dozzinale e noiosetto per incidere davvero ma la sua capacità di raccontare una storia mondiale con tono africano è ammirabile e conquista. Non sarà forse la scoperta di un’autrice (almeno non ora non con questo film), di certo è un passo fondamentale per il cinema africano che ha finalmente il coraggio di portare le sue storie da noi.

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