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20.5.19

Little Joe (id., 2019)
di Jessica Hausner

Si può anche pensare a La Piccola Bottega Degli Orrori all’inizio di Little Joe, quando grazie alla recitazione distante, al gelo degli ambienti da laboratorio e ad uno score che sembra sound design armonizzato (bip, cani che abbaiano, rumori di ventole) capiamo che la serra di laboratorio in cui lavorano questi scienziati è parente di quelle degli esperimenti del cinema di paura. Le luci, così chiare e glide, non parlano di horror ma l’atmosfera sì. Stanno creando una nuova pianta da immettere sul mercato, una che genera un odore in grado di stimolare ossitocina e quindi generare felicità. Palesemente non andrà a finire bene.

Il risultato infatti non sarà una pianta parlante ma una piccolina il cui polline, forse, stimola chi lo odora a proteggerla, a discapito di chiunque altro. Non certo un film di Corman ma più uno cinico che pare scritto da Yorgos Lanthimos (solo con meno umorismo).
Molti scienziati che orbitano attorno al progetto intuiscono che ci sono problemi e instillano il dubbio nella creatrice della pianta, la quale l’ha portata a casa, vuole proteggere la sua creazione da quelle che sembrano idee prive di basi scientifiche e non sa a cosa credere. Forse è per questo che il figlio le appare ora così distante. O forse sta crescendo e ha incontrato la sua prima fidanzata. Forse è per questo che i colleghi entrati in contatto con il polline sembrano interessarsi solo al bene della pianta. O forse è solo che vogliono fare carriera e diventare noti con questo nuovo prodotto.

Austriaca come Michael Haneke, Jessica Hausner usa qui il medesimo espediente del regista di Niente Da Nascondere, un evento strano e inusuale scuote un equilibrio, introduce dei dubbi e fa crollare le sicurezze costruite fino a quel momento, facendo venire i dubbi anche allo spettatore che capisce quanto di falso ci sia in ciò che ci sembra stabile e sicuro. Però Jessica Hausner, che con Lourdes si era occupata di religione e ora si butta nella scienza con uguale scetticismo, non vuole imitare davvero Haneke, solo prenderne il cinismo e inserirlo in una blanda cornice horror, un po’ goffa quando si avvicina troppo al genere e più centrata invece quando gestisce la tensione del mistero e dell’incombere di una minaccia che non sappiamo se esista davvero.

Little Joe questa sensazione di epidermica tensione ed evidente scomodità la raggiunge con un controllo sull’immagine pazzesco, fatto dei soliti colori leggeri (qui domina il verde acqua) e di alcuni spruzzi di espressionismo tedesco pesante (le pareti di casa storte in un risveglio in camera da letto). Jessica Hausner riesce a concepisce i suoi film a partire dalla scenografia, ma anche a lavorare sul sonoro benissimo e una volta tanto a mettere tutto questo al servizio di una storia in cui forse il mondo sta impazzendo o forse la protagonista si è resa conto solo ora che a nessuno è mai davvero importato di lei e gli esseri umani fanno schifo.
Come in una trama di Philip Dick alla fine viene il sospetto che capire se quel che viviamo è reale o finto sia la domanda più importante da porsi.

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