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12.6.19

Blue My Mind (id., 2019)
di Lisa Brühlmann

Ci sono praticamente tutte le metafore possibili della gioventù in Blue My Mind. Quando il film di Lisa Brühlmann inizia a svelare le sue carte, cioè il fatto che flirta con il fantastico, è subito chiaro la mutazione sia lì a fare da parallelo con il concetto del corpo giovanile che cambia e con l’inizio delle mestruazioni, la rabbia giovane, i genitori percepiti come estranei e la sensazione di non appartenere al mondo in cui si vive.

Mia arriva in una nuova città, in Svizzera, e quindi in una nuova scuola. È subito attratta da alcune compagne di classe più ribelli (ribelli svizzere!) che con una certa difficoltà inizia a frequentare. Durante un gioco di soffocamento ha delle visioni, visioni sott’acqua. Il giorno dopo le iniziano le mestruazioni e nota che due delle sue dita del piede si sono unite, è proprio comparso un tratto di pelle che prima non c’era ad unirle. Sarà solo il primo di una serie di mutamenti del suo corpo mentre comincia parallelamente a scoprire le sue origini e quello che vuole nella vita.

Blue My Mind nella sua essenza è un teen drama lesbico con dei misteri fantastici, ma nella pratica non lo è. Non lo è perché nonostante tutto questo sia presente, non è mai davvero il centro del racconto, ma solo un condimento. Per il film l’importante è se stesso, è essere un film d’autore, avere quei tempi, quella messa in scena, quella maniera di affrontare un dramma intimo di una ragazza che cresce, al tempo stesso ordinario (capita a tutti) e straordinario (per l’elemento fantastico). Ad interessare al film quindi non è il centro dell’intreccio ma tutto quello che gli sta intorno, attese e sguardi, stasi e meditazioni, senza però avere tuttavia la capacità di fare di quegli attimi qualcosa di significativo. Sceglie di non essere centrato sull’azione ma sui personaggi e li sbaglia.

Mia è una protagonista antipatica e fastidiosa (come spesso capita a chi agisce in maniera controproducente senza che ne intuiamo le motivazioni), le sue amiche non sono da meno. Il film vuole farci empatizzare con lei e dopo un po’ anche con una delle amiche, ma è un’impresa superiore alle sue capacità. A questo si aggiunga che il film ha una tale paura della droga e del sesso, paura di mostrare e raccontare il secondo e di trattare con equilibrio la prima, da fuggire qualsiasi dettaglio.
Nonostante la buona fattura tecnica lo stesso a tratti Blue My Mind sembra una pubblicità progresso tanto dimostra la minima conoscenza di quel che racconta, tanto chi lo ha scritto e messo in scena è palesemente lontano da quei mondi e li mette in scena per sentito dire.

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