Perché Lou Ye ha voluto raccontare questa storia? Cosa ci ha visto nella versione romanzata di ciò che avvenuto nel 1941 a Shanghai e che ha cambiato il volto della seconda guerra mondiale? Non si capisce, ed è il problema principale del film.
Questo cineasta che è stato capace anche in tempi recenti di exploit bellissimi (Love Bruises) che come molti conterranei ha raccontato i cambiamenti del suo paese ma che l’ha fatto con un occhio unico e personale, attaccato a sesso, volti e ambienti (Summer Palace), ora affronta uno snodo mondiale ma con toni che non gli appartengono. Lui che è il tipico cineasta cinese della sesta generazione (la stessa di Jia Zhangke), tutta macchina a mano senza fronzoli e storie urbane, girate per strada e nelle case, con questo intrigo in costume patinato e sofisticato davvero non ha nulla a che vedere.
Ci sono ovviamente dei grandi sentimenti in ballo, perché l’attrice protagonista (interpretata da Gong Li) arriva a Shanghai per lavorare alla pièce teatrale di un suo ex. In realtà capiamo che è lì perché il suo attuale marito è prigioniero non si sa dove. Shanghai è dominata dai giapponesi ma nella concessione francese c’è una terra franca. Questi grandi sentimenti sono però appena accennati invece che essere nascosti per emergere con maggiore forza (l’arma segreta dei film di Lou Ye) e più andiamo avanti più se ne sente la mancanza.
Inutilmente complicato nell’intrigo e nei doppi e tripli giochi, Saturday Fiction (senza sorprese è il titolo della rappresentazione teatrale al centro del film) è fotografato in un bianco e nero non solo abbastanza inutile ai fini del film, ma nemmeno splendido, nemmeno duro, nemmeno patinato, nemmeno giustificabile. Non è davvero chiaro cosa sia accaduto e perché questo film che sembra non interessare in primis al regista sia venuto così.
Anche la grande sparatoria finale è confusa e inutilmente complicata. Si capisce che l’idea era di creare un piccolo pezzo di bravura, in cui l’azione avviene in maniere non convenzionali e stupendoci, ma nella pratica è solo caos e pallottole.
Un momento unico in cui si respira l’aria dei film migliori di Lou Ye (quando la protagonista per estrarre un segreto ad un uomo anestetizzato e delirante si finge sua moglie recitando un amore tenero e tangibile) fa rimpiangere tutto ciò che Saturday Fiction non è.
Post più popolari
-
Ho un po' esitato a mettere online questa cosa perchè mi ha procurato alcuni dubbi, almeno per una giornata, poi oggi, sbobinando l'...
-
E' possibile dare un giudizio su questo film prescindendo dal fatto che è un film di un italiano inserito nella macchina hollywoodiana? ...
-
Fatto sta che calza Come ogni sequel che si rispetti: robot nuovi, robot più grossi, più distruzioni, Megan Fox più bbona di prima, Shia LaB...
-
Acquistati i biglietti per l'evento della festa, l'incontro con Terrence Malick, il quale ha costretto la festa a mille limitazioni ...
-
Quantum Of Solace Junket - Day 2La prima prova del secondo giorno mi butta subito nel vivo, le interviste a Daniel Craig e Marc Forster sono palesemente un espediente per m...
-
Non amo Ron Howard , lo dico subito per fugare ogni dubbio, dunque non mi aspettavo nulla da questo film, ma il buon Ricky Cunningham è rius...
-
Quando si dice il ritorno del fantasy... La Bussola D'Oro , primo capitolo di una trilogia di libri risalente al 1996, viene messo nelle...
-
Rigorosamente in ritardo ho visto La Guerra Dei Mondi . E mi è piaciuto. Mi aspettavo soprattutto tanta tecnica e l'ho trovata, mi aspe...
-
Leggo dovunque di questo capolavoro di Romero , del quale avendo visto solo il mitico La Notte Dei Morti Viventi mi fido e vado a vederlo...
-
Terzo lungometraggio per il francese Gondry che finalmente ha modo di dare libero sfogo alle sue ossessioni tra sogno e la realtà. Si era d...
Archivio
Template modificato con il sudore della fronte da Gabriele Niola.







Nessun commento:
Posta un commento