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18.1.20

Herzog Incontra Gorbaciov (Meeting Gorbaciov, 2019)
di Werner Herzog

Werner Herzog non ci prova nemmeno a nascondere l’emozione e l’eccitazione di intervistare Gorbaciov. Lo dice all’inizio e lo si capisce dal sorriso continuamente stampato sulla sua faccia: è felicissimo. Felice di stare lì con uno dei più grandi leader mondiali, la persona che ha impresso una svolta cruciale a tutto il blocco sovietico, l’uomo che ha accompagnato la fine del comunismo (che per Herzog è soprattutto il crollo del muro di Berlino) e che ha lottato come pochi altri per il disarmo nucleare. Questo ha un effetto non positivo sull’intervista e quindi sul documentario.

È qualcosa di molto inusuale per Werner Herzog, fallire un’intervista per eccesso di zelo, eccesso di amore, pensare un documentario per celebrare invece che per indagare. La sua storia della fine del comunismo e dell’ascesa contemporanea di Gorbaciov è lineare e realizzata incrociando da una parte la sua voce fuoricampo con filmati di repertorio (che vanno dalla nascita fino alla caduta del leader), e dall’altra l’intervista in cui non tutto va per il verso giusto ma, nonostante gli inciampi, Gorbaciov riesce a risultare noioso e ininfluente sulle idee che abbiamo riguardo gli eventi e il personaggio.

Ovviamente Herzog Incontra Gorbaciov non è un brutto film, è montato con gusto, ha del materiale di repertorio mai visto prima e a tratti fenomenale, e addirittura si ritaglia dei momenti di puro umorismo di regia. Ma il suo cuore, cioè il dialogo con il soggetto del documentario-intervista, è un susseguirsi di fallimenti documentati. Infatti tutte le volte che una domanda più interessante affiora Gorbaciov o svicola o non la comprende (oppure finge la seconda cosa per ottenere la prima). Addirittura nel finale Herzog insegue con una determinazione e una tenacia quasi fastidiose la commozione del suo intervistato, rievocando la moglie e concentrandosi sulle sensazioni di Gorbaciov alla morte di lei. Il racconto dei sentimenti al posto di quello dei fatti.

Dal regista che più di tutti ci ha abituato ad un cinema dalla schiena drittissima, fatto di imprese audaci, personaggi grandiosi e una documentazione contaminata con il falso ma mai ruffiana, arriva ora questo film innamorato, che ha gli occhi a forma di cuore e dimentica i suoi principi per celebrare Gorbaciov con regali, complimenti e tanti sorrisi.
Dentro, per chi cercasse qualcosa di interessante non tanto sulla storia ma sulla condizione umana, c’è pochissimo

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