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18.11.05

Manderlay (id., 2005)
di Lars Von Trier

Innanzitutto Dogville.
Dogville mi era piaciuto anche se non eccessivamente. Avevo apprezzato tantissimo le scelte estetiche: i colori, le inquadrature ecc. ecc. Veramente all'altezza della situazione e non mi era dispiaciuta la trama anche se non mi avevano convinto troppo i personaggi.
Ora Manderlay.
Manderlay rispetto a Dogville (paragone obbligatorio) è decisamente più didascalico, cosa discretamente fastidiosa, c'è UNA chiara interpretazione del film, UNA chiara metafora, UNA chiara conclusione a cui giungere. Che peccato. Impossibile non rivalutare Dogville che invece poggiava su una complessità non indifferente!
Siamo di fronte ad un capitolo intermedio, di transizione, con il quale Von Trier vuole, costi quel che costi, attaccare la politica imperialista americana traendone facili morali e non proponendo visioni contraddittorie.
Anche qui Grace compie un percorso di autoritarismo/svelamento/vessazione che corrisponde ad un persorso amoroso infatuazione/consumo/disprezzo, che a questo punto mi sento legittimato a pensare siano sintomatici della trilogia, ma in Manderlay queste dinamiche sono molto più scontate e banali, anche perchè già le abbiamo viste in Dogville.
In compenso ci sono trovate estetiche forse anche migliori del precedente capitolo. Se il pavimento nero secondo me era meglio (ma qui se il pavimento era nero non si sarebbe distinti gli attori di colore), di sicuro in questo film viene fatta un'operazione di coerenza sui colori che nell'altro non c'è. Siamo sempre sulle tonalità del rosso, dalla sabbia, al terra di Siena, ai capelli di Grace, che ogni tanto sconfina nel verde acqua, come nella bellissima inquadratura della bambina morta. Impagabili le scene iniziali/finali con la grande mappa americana (ma dove diamine l'ha girata?) e quella del sesso furioso con il viso di Grace solo parzialmente coperto.
La scrittura è comunque sempre all'altezza del precedente.
Attendo fiducioso la chiusura in Wasington.
Ma Manderlay non era il nome della residenza di Laurence Olivier in Rebecca, La Prima Moglie?
Se si, ma che c'entra?





6 commenti:

Anonimo ha detto...

che finezza di review, complimenti. spero di vederlo presto anche io.


gparker ha detto...

Sta ancora al labirinto. Hai ancora un po' di tempo. Non fartelo sfuggire.


Anonimo ha detto...

"(ma qui se il pavimento era nero non si sarebbe distinti gli attori di colore)"
cos' è sta battutaccia razzista?

Ma c' è una scena di sesso sfrenato con la FIGLIA DI RON HOWARD???? Che se non ricordo male non è neanche brutta.....


gparker ha detto...

La battutaccia non è razzista e non è mia l'ha detta lo stesso Trier. Mica è razzismo, se non si distinguono non si distinguono!

La figlia di Ron Howard è moderatamente fica e sì. C'è una scena di sesso con uno stallone nero.


Anonimo ha detto...

"stallone", un cavallo? UN CAVALLO? devo vedere sto film, cazzo, cazzo.


gparker ha detto...

no stallone nel senso di grande amatore.


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