Impossibile perdersi l'occasione di vedere il primo film di Wong Kar Wai in un cineclub. La delusione è cocente.
Il primo film del prossimo presidente di giuria del festival di Cannes è infatti la brutta copia di un film stile John Woo. Una storia di due fratelli nella malavita cinese, uno (il minore) più arrogante e ossessionato dal diventare un duro come il fratello e l'altro più riflessivo e dotato anche di un nome ed un rispetto nel quartiere. Soggetto simile a Mean Streets e molto in linea con il cinema hongkonghese dell'epoca.
Certo alcuni segnali di stile sono visibili anche in questa prima opera, specialmente nella prima parte in cui è mostrata la vita domestica del protagonista e della cugina che lo è venuta a trovare, alcune scene notturne nella metropoli illuminata dal neon, alcuni ralenti fatti a scatti e un'attenzione maniacale alla fotografia ed alle inquadrature sghembe, tanto debitrici ad Orson Welles.
Il risultato è però sormontato da una trama che progressivamente si fa sempre più banale. La partenza tipica di Wong Kar Wai, fatta di personaggi da noir moderno che si battono in un mondo perduto senza motivazioni vagando per la metropoli notturna in cerca di qualcosa a cui non sanno dare un nome, si scioglie già a metà film nella banalità degli stereotipi del genere sentimental-avventuroso. Dispiace soprattutto non trovare quelle invenzioni estetiche che hanno da sempre costituito la firma di Wong Kar Wai nei suoi film.
Il primo film del prossimo presidente di giuria del festival di Cannes è infatti la brutta copia di un film stile John Woo. Una storia di due fratelli nella malavita cinese, uno (il minore) più arrogante e ossessionato dal diventare un duro come il fratello e l'altro più riflessivo e dotato anche di un nome ed un rispetto nel quartiere. Soggetto simile a Mean Streets e molto in linea con il cinema hongkonghese dell'epoca.
Certo alcuni segnali di stile sono visibili anche in questa prima opera, specialmente nella prima parte in cui è mostrata la vita domestica del protagonista e della cugina che lo è venuta a trovare, alcune scene notturne nella metropoli illuminata dal neon, alcuni ralenti fatti a scatti e un'attenzione maniacale alla fotografia ed alle inquadrature sghembe, tanto debitrici ad Orson Welles.
Il risultato è però sormontato da una trama che progressivamente si fa sempre più banale. La partenza tipica di Wong Kar Wai, fatta di personaggi da noir moderno che si battono in un mondo perduto senza motivazioni vagando per la metropoli notturna in cerca di qualcosa a cui non sanno dare un nome, si scioglie già a metà film nella banalità degli stereotipi del genere sentimental-avventuroso. Dispiace soprattutto non trovare quelle invenzioni estetiche che hanno da sempre costituito la firma di Wong Kar Wai nei suoi film.
3 commenti:
Diamine, quando arriveranno qui da noi gli action movie cinesi, quelli seri???
L' unica cosa positiva di questo film oltre alla musica ("take my breath away"), è che mi ha messo voglia di vedere cinema cinese...
Dovresti chiederti: arriveranno mai?
Io ci credo che arriveranno...
Ah una cosa che mi ero dimenticato di dire su sto film, mi sembra un film di Ricky Tognazzi...
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