Anche io la prima volta che lo vidi lo sottostimai. Ma già una settimana dopo non facevo che pensare alla scena dei tre saponi. Naturalmente non è stato più passato in televisione ed è rimasta una mia voglia inevasa per anni. Fino ad ora.
Rivisto a qualche anno di distanza Al Di Là Della Vita è ancora più bello della prima volta.
Riunendo nuovamente il duo di Taxi Driver (Scorsese alla regia, Schrader alla sceneggiatura), il film non sfocia nella solita riproposizione di temi già sentiti ma anzi va molto oltre Travis Brickle, proponendo una città non più anonimizzante ma fieramente peccatrice (il film è ambientato prima della cura a tolleranza zero di Giuliani), colma di "male", inteso nel senso più scorsesiano.
Quello di Nicholas Cage paramedico è un vero viaggio allucinato in una spirale di droga e paranoia, simile per certi versi a quello del Cattivo Tenente ma fondamentalmente diverso (perchè il cattolicesimo di Scorsese è opposto a quello di Ferrara).
Nicholas Cage si pone come l'ennesima figura incarnante la diatriba corpo/spirito del cinema di Scorsese, un Cristo moderno che non regge la pressione della sua vita a continuo contatto con la morte altrui, in crisi perchè non salva più nessuno, tantomeno se stesso.
Lo sperimentalismo visivo è sensazionale, al pari di quello sonoro. E, cosa stranissima per Scorsese (ma imputabile alla presenza di Schrader), questa volta anche il racconto si fa complesso, simbolico e stratificato. I tre accompagnatori di Nicholas Cage, i suoi tre partner che lo guidano e segnano il suo percorso (sempre più allucinato) nei tre giorni della sua resurrezione sono l'emblema dei possibili atteggiamenti nei confronti della violenza e della morte. Così come l'ospedale, la casa di Mary e i luoghi degli incidenti sono altrettanto simbolici di un universo che è esso stesso una metafora cristiana.
Ma ciò che più di tutti mi ha sorpreso anche stavolta è l'insperata redenzione finale e la totale mancanza di una dimensione sessuale. L'ultima inquadratura (superba per composizione, colori e scelta delle lenti) è colma di una pietà che è quasi impossibile riscontrare in nessuna opera cinematografica moderna.
Rivisto a qualche anno di distanza Al Di Là Della Vita è ancora più bello della prima volta.
Riunendo nuovamente il duo di Taxi Driver (Scorsese alla regia, Schrader alla sceneggiatura), il film non sfocia nella solita riproposizione di temi già sentiti ma anzi va molto oltre Travis Brickle, proponendo una città non più anonimizzante ma fieramente peccatrice (il film è ambientato prima della cura a tolleranza zero di Giuliani), colma di "male", inteso nel senso più scorsesiano.
Quello di Nicholas Cage paramedico è un vero viaggio allucinato in una spirale di droga e paranoia, simile per certi versi a quello del Cattivo Tenente ma fondamentalmente diverso (perchè il cattolicesimo di Scorsese è opposto a quello di Ferrara).
Nicholas Cage si pone come l'ennesima figura incarnante la diatriba corpo/spirito del cinema di Scorsese, un Cristo moderno che non regge la pressione della sua vita a continuo contatto con la morte altrui, in crisi perchè non salva più nessuno, tantomeno se stesso.
Lo sperimentalismo visivo è sensazionale, al pari di quello sonoro. E, cosa stranissima per Scorsese (ma imputabile alla presenza di Schrader), questa volta anche il racconto si fa complesso, simbolico e stratificato. I tre accompagnatori di Nicholas Cage, i suoi tre partner che lo guidano e segnano il suo percorso (sempre più allucinato) nei tre giorni della sua resurrezione sono l'emblema dei possibili atteggiamenti nei confronti della violenza e della morte. Così come l'ospedale, la casa di Mary e i luoghi degli incidenti sono altrettanto simbolici di un universo che è esso stesso una metafora cristiana.
Ma ciò che più di tutti mi ha sorpreso anche stavolta è l'insperata redenzione finale e la totale mancanza di una dimensione sessuale. L'ultima inquadratura (superba per composizione, colori e scelta delle lenti) è colma di una pietà che è quasi impossibile riscontrare in nessuna opera cinematografica moderna.
8 commenti:
Quando lo vidi mi colpì moltissimo, a livello visivo e narrativo. Sono d'accordo su Schrader, che evita a Scorsese di cadere nello schematismo di altri suoi film.
ps: spinto dall'interesse per Schrader dopo questo vidi Affliction. Dovrei rivederli entrambi.
A me ricorda molto anche Fuori orario, anche se son due film molto diversi per altri aspetti. Ma il suo andamento sparato e tesissimo, quasi sotto effetto di droga o adrenalina e quel finale in cui tutto si scioglie, finalmente momento di stasi e calma somiglia molto a Griffin Dunne che all'alba si siede su quella sedia girevole,f inalmente in tranquillità...
si è vero è un tipico espediente scorsesiano di aumentare il ritmo tantissimo e poi distenderlo di botto.
un capolavoro purtroppo incompreso.
E non si capisce bene nemmeno il perchè visto che non è dei più ermetici o rarefatti, ma anzi molto concreto e diretto.
Perchè è un tipo di cinema che già si straconosce secondo me.
Come film non ha portato nulla di nuovo nella filmografia di Scorsese, o nel cinema di oggi... Per questo quantomeno i media non gli hanno dato lo spazio che probabilmente meritava...
Su questo non sono daccordo. Trovo che anche qui Scorsese abbia sperimentato tantissimo riuscendo a dare vita ad un modo di mettere in scena i suoi soliti percorsi purificatori ancora diverso dal solito.
Bof. Non sono troppo d'accordo. Rimane un bel film, tuttavia. Mi sono ripromesso di rivederlo...
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