Primo capitolo della trilogia su Manhattan del regista indiano Amir Naderi, Manhattan By Numbers si inserisce nel filone degli incubi metropolitani, un one-day-movie (come gli altri della trilogia) tutto svolto in un'unica giornata in cui il protagonista, prossimo allo sfratto deve trovare una certa persona.
Ben presto l'intento del film diventa chiaro, la persona non si troverà, il suo nome, la sua essenza sono il simbolo di ciò che sfugge e si perde nella grande metropoli.
Infiniti giri, diversi quartieri, diverse persone di Manhattan, da Wall Street ad Harlem (sempre con Gato Barbieri in sottofondo), dai barboni agli uomini d'affari, l'Odissea alla ricerca dell'amico che potrebbe salvarlo dallo sfratto diventa un incubo.
Vagamente il pensiero può andare a Il Segno Del Leone, l'esordio di Rhomer al cinema, per come la città in sè e nel corso di un lasso breve di tempo (qui un giorno, lì pochi giorni) possa trasformare un uomo.
Ma ancora più in là il film cerca (e in questo riesce meno) di parlare anche del concetto stesso di vivere metropolitano ma risulta inevitabilmente limitato al contesto locale. Tutti i dettagli di cui il film è intriso e il presenzialismo di Manhattan non riescono a tradursi in metafora universale, così Manhattan rimane Manhattan e la possibile idea di metropoli universale in cui ogni uomo è perso e in cui si perde ciò che si cerca ha decisamente meno forza.
Ben presto l'intento del film diventa chiaro, la persona non si troverà, il suo nome, la sua essenza sono il simbolo di ciò che sfugge e si perde nella grande metropoli.
Infiniti giri, diversi quartieri, diverse persone di Manhattan, da Wall Street ad Harlem (sempre con Gato Barbieri in sottofondo), dai barboni agli uomini d'affari, l'Odissea alla ricerca dell'amico che potrebbe salvarlo dallo sfratto diventa un incubo.
Vagamente il pensiero può andare a Il Segno Del Leone, l'esordio di Rhomer al cinema, per come la città in sè e nel corso di un lasso breve di tempo (qui un giorno, lì pochi giorni) possa trasformare un uomo.
Ma ancora più in là il film cerca (e in questo riesce meno) di parlare anche del concetto stesso di vivere metropolitano ma risulta inevitabilmente limitato al contesto locale. Tutti i dettagli di cui il film è intriso e il presenzialismo di Manhattan non riescono a tradursi in metafora universale, così Manhattan rimane Manhattan e la possibile idea di metropoli universale in cui ogni uomo è perso e in cui si perde ciò che si cerca ha decisamente meno forza.
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