Se esiste un cinema della droga, cioè un cinema che incentra il racconto di una storia attorno ad una dipendenza che solitamente è quella della droga (ma che può essere anche da medicinali o da violenza, adrenalina ecc. ecc. come tutto il cinema di Kathryn Bigelow), allora Drugstore Cowboy si pone come uno degli esperimenti più di confine. Sobrio, quando tutti gli altri film del genere trionfano di sovrimpressioni ed eccessi, e molto poco caricato anche riguardo i fatti che racconta.
Ma non solo è sobrio in assoluto lo è soprattutto per essere un film di Gus Van Sant. Perchè ciò che sembra davvero interessare al regista è mantenere è quello che promette nel titolo, ovvero dare un punto di vista da western sul mondo delle droghe.
Ambientato in una curiosa contemporaneità (erano gli anni '80) che sembra gli anni '50 (e la presenza di William Burroughs in questo senso è emblematica) il film procede con un'invisibilità rara per Gus Van Sant che, tranne qualche sovraimpressione, lascia davvero scorrere la storia scegliendo come chiave di lettura il continuo contrappunto della fuga e della caccia.
Il rapporto tra il capo della banda di drogati che rapinano le farmacie e il detective che lo cerca è veramente degno dei migliori western, a metà tra la compensazione universale (io esisto perchè esisti tu) e il bisogno reciproco (mi servi perchè se no io non esisterei) dal quale deriva quasi una perversa amicizia. Più di qualcunque altro suo "collega" drogato infatti è il detective che poi si dimostra incredibilmente vicino nei momenti migliori.
Interessante poi l'uso maniacale dei dettagli, delle macro di oggetti, particolari ed elementi su cui la mente in viaggio dei protagonisti spesso si fissa inutilmente (sensazionale il nodo alla cravatta mentre viene menato!).
Forse manca il senso ultimo della droga, manca il senso di dipendenza che è ciò su cui solitamente si impernia un racconto di drogati, ma di sicuro il film riesce a creare un'atmosfera di vita disperata (e ancora in questo senso è un vero western crepuscolare) nella quale non c'è gloria in assoluto (neanche dopo l'impresa della disintossicazione) nè particolare (i drogati non stanno bene nemmeno dopo le dosi).
Ma non solo è sobrio in assoluto lo è soprattutto per essere un film di Gus Van Sant. Perchè ciò che sembra davvero interessare al regista è mantenere è quello che promette nel titolo, ovvero dare un punto di vista da western sul mondo delle droghe.
Ambientato in una curiosa contemporaneità (erano gli anni '80) che sembra gli anni '50 (e la presenza di William Burroughs in questo senso è emblematica) il film procede con un'invisibilità rara per Gus Van Sant che, tranne qualche sovraimpressione, lascia davvero scorrere la storia scegliendo come chiave di lettura il continuo contrappunto della fuga e della caccia.
Il rapporto tra il capo della banda di drogati che rapinano le farmacie e il detective che lo cerca è veramente degno dei migliori western, a metà tra la compensazione universale (io esisto perchè esisti tu) e il bisogno reciproco (mi servi perchè se no io non esisterei) dal quale deriva quasi una perversa amicizia. Più di qualcunque altro suo "collega" drogato infatti è il detective che poi si dimostra incredibilmente vicino nei momenti migliori.
Interessante poi l'uso maniacale dei dettagli, delle macro di oggetti, particolari ed elementi su cui la mente in viaggio dei protagonisti spesso si fissa inutilmente (sensazionale il nodo alla cravatta mentre viene menato!).
Forse manca il senso ultimo della droga, manca il senso di dipendenza che è ciò su cui solitamente si impernia un racconto di drogati, ma di sicuro il film riesce a creare un'atmosfera di vita disperata (e ancora in questo senso è un vero western crepuscolare) nella quale non c'è gloria in assoluto (neanche dopo l'impresa della disintossicazione) nè particolare (i drogati non stanno bene nemmeno dopo le dosi).
7 commenti:
L'ho visto diversi anni fa, ma ho il ricordo di un bellissimo film. Mi è venuta voglia di rivederlo.
ha sempre il suo perchè
Un paio di punti fermi:
- non si parla di cani
- niente cappelli sul letto
Ero io.
si quella storia del cane è spettacolare...
io personalmente avrei aggiunto all'elenco niente richieste di biscotti in treno
AH! AH! AH! AH!
It seems that you pay more attention to is a taste of life, because I saw the attitude of you for life!
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