Senza dubbio tra i film più intensi e "densi" mai visti, quello forse con il miglior rapporto movimenti esteriori/movimenti interiori. Non succede ufficialmente nulla in Madre e Figlio, tutto accade nello spettatore e questo grazie ad una comunicazione per immagini e suoni come raramente si ha la fortuna di vedere.
Una madre malata morente è accudita dal figlio in uno scenario naturale incredibile. Il tempo scorre lentissimo mentre la donna si avvicina alla morte e l'unica cosa che può fare il figlio è starle vicino, parlando poco e facendo anche meno salvo trasportarla un pochino in giro per i boschi.
E' difficilissimo dire quale sia il vero fascino della pellicola, da dove venga l'irresistibile attrazione che spinge lo spettatore a continuare una visione che in linea di massima sarebbe insostenibile e che invece è un piacere.
E' sicuramente nel ritocco che Sokurov dà alla realtà, quei colori mutati, quelle inquadrature veramente da grande pittura, quegli scenari naturali alle volte che più che definire belli sarebbe meglio indicare come sorprendenti, che riescono a scatenare profondi dubbi e idee solo con un dettaglio.
E' il caso ad esempio della clamorosa inquadratura di un punto del bosco che dura circa un minuto e che solo alla fine mostra dove siano i personaggi con un loro movimento che, oltre a rivelarne la posizione, ne svela anche la scala: tutto è molto più grande di quello che sembrava e l'uomo è minuscolo a suo confronto. Così chiaro, così secco in un movimento di montaggio interno che non va assolutamente dritto alla testa ma dritto alla pancia e successivamente la testa cerca di capire che sia successo.
Ma le soluzioni di luce i brevissimi cenni musicali e i rumori ambientali, tutto sembra guardare addirittura a Tarkovsky e ai suoi ambienti irreali. Così la natura realissima viene manipolata dal regista in tutti i modi possibili per sembrare quanto di più lontano esista dalla realtà e in tal modo parlare di essa, in tal modo diventare subito palesemente metafora. E che metafora!
Una madre malata morente è accudita dal figlio in uno scenario naturale incredibile. Il tempo scorre lentissimo mentre la donna si avvicina alla morte e l'unica cosa che può fare il figlio è starle vicino, parlando poco e facendo anche meno salvo trasportarla un pochino in giro per i boschi.
E' difficilissimo dire quale sia il vero fascino della pellicola, da dove venga l'irresistibile attrazione che spinge lo spettatore a continuare una visione che in linea di massima sarebbe insostenibile e che invece è un piacere.
E' sicuramente nel ritocco che Sokurov dà alla realtà, quei colori mutati, quelle inquadrature veramente da grande pittura, quegli scenari naturali alle volte che più che definire belli sarebbe meglio indicare come sorprendenti, che riescono a scatenare profondi dubbi e idee solo con un dettaglio.
E' il caso ad esempio della clamorosa inquadratura di un punto del bosco che dura circa un minuto e che solo alla fine mostra dove siano i personaggi con un loro movimento che, oltre a rivelarne la posizione, ne svela anche la scala: tutto è molto più grande di quello che sembrava e l'uomo è minuscolo a suo confronto. Così chiaro, così secco in un movimento di montaggio interno che non va assolutamente dritto alla testa ma dritto alla pancia e successivamente la testa cerca di capire che sia successo.
Ma le soluzioni di luce i brevissimi cenni musicali e i rumori ambientali, tutto sembra guardare addirittura a Tarkovsky e ai suoi ambienti irreali. Così la natura realissima viene manipolata dal regista in tutti i modi possibili per sembrare quanto di più lontano esista dalla realtà e in tal modo parlare di essa, in tal modo diventare subito palesemente metafora. E che metafora!
9 commenti:
Io avevo messo la registrazione ma mi è saltataaaa!
non sai che ti sei perso.........
Riesco a sentire l'odore della puttanata fin da San Giovanni.
Ieri hanno fatto Constantine su Rai2....lascia stare, altro cinema.
Altro che il gregge di Guney! Faster ne sarebbe entusiasta
Pare Shadow of the Colossus.
(che ci volete fare, ho un orizzonte un po' così...)
grande finalmente rivedo i grandi commenti del compatto.
Ultimamente mi sembravi in pessima forma devo dire...
ho anche io i miei alti e bassi
Come sarebbe a dire "addirittura" a Tarkovsky? Come se la somiglianza fosse casuale.
no non è casuale ma quell'addirittura è a sottolineare l'incredibile sforzo suo e l'incredibile stupore mio nel constatare che quello sguardo è davvero calzante, che in quei punti è davvero tarkvskiano senza timore di esagerare.
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