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18.6.09

Videogiochi senza interazione (e su grande schermo)

A prima vista non sembra eppure in Coraline è radicata molta più tecnologia di quanta se ne sia vista nei film degli ultimi anni, solo che è utilizzata con una trasparenza paragonabile forse unicamente a quella di Gondry. Tecnologia nel senso più ampio del termine, dunque sia strumenti per la realizzazione del film (dall'utilizzo molto abile del 3D agli aiuti chiesti al digitale per animare lo stop motion) che linguaggi espressivi nuovi che si appoggiano su mezzi nuovi.

Chi innova rompe sempre qualche regola e così ha fatto Henry Selick quando ha deciso di realizzare l'ultima parte del suo Coraline adottando uno stile e una serie di soluzioni visive tipiche del mondo dei videogiochi per raccontare il superamento di una serie di prove da parte della protagonista.
Nel racconto di Gaiman infatti accade che Coraline debba correre contro il tempo per cercare degli oggetti sparsi nella casa e lo debba fare con l'aiuto di uno strumento che le consente di vedere la realtà diversamente, individuando così più facilmente ciò che cerca. Per mettere in immagini e poter raccontare facilmente lo svolgersi di queste azioni, e soprattutto per immedesimare gli spettatori in quel senso di ricerca e superamento dei propri limiti (che è l'essenza stessa del videogiocare), Selick ha allora scelto di usare modalità di racconto da videogioco.

4 commenti:

Riccardo ha detto...

trovo questo riferimento metalinguistico geniale. soprattutto perchè viene valorizzato non solo visivamente ma anche narrativamente il mondo videoludico che, ahimè, è sottovalutato, se non etichettato come mero intrattenimento infantile e collettivo.
ma se ci guardiamo un attimo indietro, l'uso del computer grafica nel mondo dei cartoni animati (sfornando capolavori come Toy Story, e così via) proviene esclusivamente dall'impiego precedente nel videogames.
un bell'omaggio, insomma.


Giangidoe ha detto...

Credo che un riferimento alla struttura del videogame possa essere suggerita anche dall'uso del 3D, ma a livello strettamente narrativo non saprei... A me personalmente non è sembrato la seconda parte somigliasse, nelle dinamiche, più ad un racconto videoludico che ad uno tradizionale. Anche la stessa idea che esistano dei nemici di primo grado negli ambienti circoscritti ed uno più grande in quello principale, sebbene sia senza dubbio uno schema ricorrente nei videogame, credo che sia mutuata da racconti classici ancor prima che animati.
Probabilmente, come dicevo, sia l'uso del 3D che le trovate grafiche e cromatiche, assieme al ritmo sostenuto della seconda parte, possono rendere valida questa suggestione.


gparker ha detto...

si sicuramente anche il comparto più "estetico" ma le dinamiche conquista di una serie di oggetti in ambienti diversi/sconfitta di nemici a loro guardia/completamento dell'area/divisione di un mondo più grande in ambienti separati e ben definiti (giardino, teatro, circo, interno)/uso di un visore come oggetto magico sono tutte idee che vengono dall'alba della narrazione.
Una cosa per tutte, l'oggetto magico che consente la risoluzione dell'enigma si trova in qualsiasi struttura di qualsiasi tipo di racconto in giro per il globo e dunque è arrivato anche nei videogame. Ma il modo in cui viene proposto in Coraline non è quello solito, bensì quello filtrato dal videogame.

E poi quando prende il primo occhio la voce del bambino le dice "Brava! Hai conquistato il primo ma dovrai trovare anche gli altri", una delle frasi più tipiche da videogiochi mai sentite!


Giangidoe ha detto...

Già, quello si. Anzi: sarebbe stato fin troppo simbolico se, approfittando della distorsione un pò surreale della realtà, la frase pronunciata fosse apparsa contemporaneamente anche in un balloon a caratteri cubitali come succede proprio nelle avventure grafiche...


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