E' disponibile online I'm Here, mediometraggio di Spike Jonze già passato al Sundance e poi alla Berlinale e ora approdato gratis e liberamente in rete. Sponsorizza la Absolut (e sembra aver tirato fuori molti soldi) senza che ci sia un product placement, una pubblicità o un logo ma con una strana presenza nell'intro in flash prima dell'inizio del video. Operazione decisamente poco convenzionale specialmente perchè il video può essere visto da non più di 12.000 utenti al giorno. Un modo per creare scarsità di una risorsa assolutamente libera.
Ma forse la cosa più curiosa è che il mediometraggio è fantastico, una di quelle cose da non perdere e tagliata per quell'utenza che si trova in rete.
I'm Here è decisamente tra le cose migliori mai fatte da Spike Jonze (il che è tutto dire). Ponendosi all'incrocio tra tantissime tipologie di prodotto e storie diverse opera una sintesi cosmopolita e crossmediale di tutto quello che è il vissuto di Jonze e il periodo in cui vive, finalizzandolo ad un racconto semplice e complesso come la fiaba cui si ispira.
Si tratta infatti di una variazione sul tema di The Giving Tree (il protagonista ha il nome dell'autore): un personaggio dà tutto se stesso ad un altro fino a che non rimane quasi nulla di lui, tuttavia è comunque difficile dire se ci sia di mezzo egoismo o meno. Jonze semanticamente sposta il rapporto facendolo diventare amoroso, muovendo così anche il senso del darsi interamente ad un altro.
I protagonisti sono dei robot da Philip Dick, vivono nella nostra società assieme agli umani ma non avendone i medesimi diritti, sono gli outsider della situazione in un ambiente non necessariamente ostile ma psicologicamente pressante, infine non possono sognare o almeno credono di non poterlo fare. Hanno una fisionomia immediatamente empatica, costruiti con materiali e secondo forme che ricordano i pupazzi da crash test o i desktop dei nostri computer ma con occhi sproporzionati ed empatici come nella tradizione dell'animazione (e del fumetto) giapponese (altra matrice forte nella formazione di Spike Jonze).
La durata di 30 minuti inoltre pone il film a metà tra i videoclip di cui Jonze è stato uno dei principali maestri (infinite sono le soluzioni che rielabora a partire dai suoi stessi video), le pubblicità e i lungometraggi.
Oltre a tornare il tema della fiaba, torna anche quello del diverso/sensibile, il mondo indie, le piccole passioni e quella maniera di far interagire i personaggi per piccole inconsuete stranezze in comune che è tipico della scena indipendente cinematografica del nuovo millennio.
Ma forse la cosa più curiosa è che il mediometraggio è fantastico, una di quelle cose da non perdere e tagliata per quell'utenza che si trova in rete.
I'm Here è decisamente tra le cose migliori mai fatte da Spike Jonze (il che è tutto dire). Ponendosi all'incrocio tra tantissime tipologie di prodotto e storie diverse opera una sintesi cosmopolita e crossmediale di tutto quello che è il vissuto di Jonze e il periodo in cui vive, finalizzandolo ad un racconto semplice e complesso come la fiaba cui si ispira.
Si tratta infatti di una variazione sul tema di The Giving Tree (il protagonista ha il nome dell'autore): un personaggio dà tutto se stesso ad un altro fino a che non rimane quasi nulla di lui, tuttavia è comunque difficile dire se ci sia di mezzo egoismo o meno. Jonze semanticamente sposta il rapporto facendolo diventare amoroso, muovendo così anche il senso del darsi interamente ad un altro.
I protagonisti sono dei robot da Philip Dick, vivono nella nostra società assieme agli umani ma non avendone i medesimi diritti, sono gli outsider della situazione in un ambiente non necessariamente ostile ma psicologicamente pressante, infine non possono sognare o almeno credono di non poterlo fare. Hanno una fisionomia immediatamente empatica, costruiti con materiali e secondo forme che ricordano i pupazzi da crash test o i desktop dei nostri computer ma con occhi sproporzionati ed empatici come nella tradizione dell'animazione (e del fumetto) giapponese (altra matrice forte nella formazione di Spike Jonze).
La durata di 30 minuti inoltre pone il film a metà tra i videoclip di cui Jonze è stato uno dei principali maestri (infinite sono le soluzioni che rielabora a partire dai suoi stessi video), le pubblicità e i lungometraggi.
Oltre a tornare il tema della fiaba, torna anche quello del diverso/sensibile, il mondo indie, le piccole passioni e quella maniera di far interagire i personaggi per piccole inconsuete stranezze in comune che è tipico della scena indipendente cinematografica del nuovo millennio.
Su tutto però regna un senso di inadeguatezza e indeterminatezza del vivere che può trovare senso solo nel donarsi ad un altro, fino a che punto però non viene suggerito. Il finale, tra i più vaghi, aperti ed enigmatici da parte di Jonze, è pura libertà di lettura.
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