L'annuncio che quello dell'anno scorso sarebbe stato l'ultimo cinepanettone conteneva in sè la propria negazione, l'affermazione implicita che quanto si stava dicendo era falso. Un anno dopo infatti abbiamo visto il medesimo team "creativo" all'opera con Christian De Sica come front runner e alcuni aggiustamenti (niente Natale nel titolo e nella trama, solo due episodi e buonismo al posto del cinismo) per un film sostanzialmente identico al solito. Ovvero realizzati con i piedi e sostanzialmente non divertente anche quando azzecca delle gag.
Cos'era che dava fastidio a chi criticava il cinepanettone? Cos'è stato a far disamorare il pubblico (disamorare relativamente visti i milioni incassati Natale in Sudafrica)? Di certo non la presenza del Natale, nè le storie ciniche semmai tutto il resto, ma quello non è stato toccato.
Così tutto cambia perchè nulla cambi e sotto le feste torna Neri Parenti con due storie, entrambe centrate su un colpo di fulmine. L'obiettivo di De Laurentiis sarebbe di fare appello alla nostalgia senza dichiararlo, andare a girare dalle parti del classico italiano facendo un film un po' fuori dal tempo (ma con gli immancabili riferimenti al presente stretto, appiccicati con una gomma da masticare alla sceneggiatura e sbattuti in faccia senza nessuna accortezza).
Prima c'è un prete che non è tale (come De Sica padre in I due colonnelli) innamorato di una bella donna maresciallo dei Carabinieri in un'adorabile provincia (ah! Queste e belle province italiane), egli è in realtà un medico accusato di evasione fiscale (come spesso capita ai personaggi desichiani) ma innocente (come mai era capitato) che per sfuggire alla finanza si traveste e ha che fare con una perpetua burbera chiamata Tina (come Pica). L'amore scocca ma lui è in abito talare e lei si sta per sposare (indovinate chi officerà?) e se si sposa è finita (ah! La sacralità di questi bei matrimoni italiani).
La vera sorpresa però è il secondo episodio quello con protagonisti Lillo & Greg in un classico del loro repertorio: la contaminazione di registri espositivi alti e bassi. Greg è ambasciatore italiano presso la santa sede, coltissimo e schizzinoso ma si innamora di una coattissima pescivendola, per conquistarla si fa dare lezioni di coattaggine dall'autista (Lillo). Qui il modello (a parte lo scheletro di My Fair Lady) è la commedia popolana, a cui strizza l'occhio non solo l'abbigliamento di Anna Foglietta, ma anche tutta la trama fatta di ritualità vaticane e vita per strada. In questo si inseriscono le gag di Lillo & Greg, corpi estranei che non è difficile percepire come tali, inseriti in un contesto che non gli appartiene ma straordinariamente funzionanti (in precedenza i due si erano visti al cinema ma mai davvero in parte). Non è scritto da nessuna parte ma è evidente per chiunque li conosca che c'è la loro mano dietro la scrittura del proprio episodio (lo scarto è tale che sarebbe possibile individuare una per una tutte quelle poche gag del loro episodio effettivamente scritte dal team di sceneggiatori del film).
Il risultato dunque è un film riuscito per metà ma girato con la consueta trascuratezza e brutalità, in cui sono presenti alcuni dei peggiori greenscreen di sempre, inquadrature e stacchi di montaggio assassini e una sostanziale arroganza nel pretendere di dare a bere che un film girato a Trento sia ambientato nelle borgate di Roma, nonostante si vedano gli abeti e le montagne di sfondo!).
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