Difficile avvicinarsi ad un film con questo titolo. Lo capisco. Invece chi avrà più coraggio, o sarà più costretto degli altri, si troverà davanti una sorpresa da uno sceneggiatore che in coppia con Hugh Grant ha animato molti film discutibili (Che fine hanno fatto i Morgan?, Scrivimi una canzone, Two weeks notice), uno in cui il classico svolgimento da commedia sentimentale viene elettrizzato da un voltaggio maggiore del solito.
Aiutato dalla classica dinamica dello spostamento unita ad un tema molto vicino a se stesso (il protagonista è uno sceneggiatore di Hollywood con un immenso successo ormai troppo alle spalle e una carriera traballante che accetta un lavoro come professore di lettere in un'università in provincia), Lawrence mette un'altra marcia, minimizza l'idiozia e massimizza l'ironia. Lo sceneggiatore protagonista è molto scettico del mondo in cui si deve trasferire e vorrebbe solo tornare a scrivere ma, guardate un po', lì capirà il vero significato della vita.
Melensaggini a parte questa volta Lawrence taglia intorno a Hugh Grant una variante piacevole del suo solito personaggio a metà tra la timidezza e l'imbarazzo, un inglese in America che continuamente ironizza senza che nessuno mai rida alle sue battute, sempre dal lato sbagliato della simpatia, troppo duro, troppo sincero, troppo diretto o troppo mendace, una persona dotata di un punto di vista diverso su tutto e spesso non conciliante. Sarà insomma anche melenso come è facile credere Professore per amore, ma non è timoroso, non ha paura di essere cattivo con i suoi protagonisti, di far piangere ripetutamente J.K. Simmons a comando e riderne, per il solo divertimento di vederlo commuoversi per affetto (quando parla delle figlie non si trattiene e i protagonisti scommettono su quanto ci metterà a piangere).
Addirittura anche la sempre fastidiosa idea di avere un personaggio scomodo e politicamente scorretto solo all'inizio che viene convertito alla correttezza dagli eventi del film è molto moderata. Insomma Professore per amore non pretende di negare o nascondere la propria natura ma ne attenua le componenti più bigotte e perbeniste, per esaltare invece una scrittura vivace e (una volta tanto) una chimica tra attori (lo stesso Grant e Marisa Tomei) molto forte. Con un fantastico scorrere di stagioni sullo sfondo e paesaggi infami nel quale muovere lo sceneggiatore d'alto livello che sogna ancora di tornare agli Oscar come gli capitò all'apice della carriera per il film Paradiso sbagliato (il filmato di repertorio è quello della vera vittoria di Hugh Grant di un Golden Globe per Quattro matrimoni e un funerale, davvero l'apice di una carriera finita sempre peggio), Lawrence sembra aver trovato il ritmo e la dimensione migliore per le sue storie ordinarie e Hugh Grant un buon ruolo dopo un infinito purgatorio.
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