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29.11.16

Come Diventare Grandi Nonostante I Genitori (2016)
di Luca Lucini

Vedere la maestria di Luca Lucini, sempre invisibile, fluido ed equilibrato nello stendere la sceneggiatura che gli viene consegnata, al servizio di script nettamente inferiori a quel che potrebbe meritare è un vero peccato.
A partire dal titolo Come Diventare Grandi Nonostante i Genitori è un film di genitori, molto diverso quindi dal “film di ragazzi”. Questa è l’unica sua parte onesta perché per il resto si spaccia per quel che non è: un teen movie. Nonostante abbia degli adolescenti in scena per quasi tutta la sua durata, questa sceneggiatura vive di aspirazioni non raggiunte. Ben prima di arrivare all’affronto finale, cioè un twist che ribalta il male in peggio che non riveleremo ma che svilisce anche quel poco di decente poteva essere stato costruito, prestando il fianco per giunta ad una predica insostenibile e buonista sull’educazione da dare a questi giovanichesonoilnostrofuturo, già lungo tutto il suo svolgimento Come Diventare Grandi Nonostante I Genitori aveva inanellato una serie di figure edulcorate che non trovano riscontro né nella realtà, né nell’universo dei film migliori.

I film non sono né devono sempre necessariamente essere “reali”, anche quando non raccontano storie fantastiche sono opere di fantasia e come tali sono sia migliori che peggiori del mondo che viviamo, e lo sono proprio con l’obiettivo di evocare nello spettatore qualcosa riguardo quel mondo lì. Ma non è pensabile accettare una storia in cui la musica non è plausibile, i sentimenti in ballo sono espressi con una elementare serie di reazioni a catena, i ragazzi sono "ragazzi immagine", puliti, buoni, perfettini, carini, per bene e graziosi, senza un briciolo di autoironia o anche solo di spirito da commedia vera e infine l’atteggiamento di ogni personaggio fa suonare la campana del kitsch ogni tre minuti, pretendendo di essere a turno teneri, profondi, intensi, comici, leggeri o duri con le più convenzionali reazioni e le affermazioni più spiattellate.

Massacrati ne escono anche i nomi più grandi. Paolo Calabresi è umiliato in una parte macchietta che nemmeno il suo genio da commedia riesce a rendere decente (lui che era forte anche in Tutto Molto Bello di Paolo Ruffini), Margherita Buy è inguainata in un ruolo che forse poteva anche essere interessante, se solo fosse rimasto coerente fino alla fine, e Giovanna Mezzogiorno è marginalizzata in una moglie e madre che fa da spalla in maniera incolore.
Infine la partecipazione di Matthew Modine, nel ruolo del grande produttore americano che si è ritirato a fare il contadino in Italia, che ha chiuso con la musica ma che aderirà a produrre la canzone dei ragazzi perché sì, perché ci si vuole tutti bene e c’è l’amore, è poi la pietra tombale. Non solo nella trama i ragazzi si lamentano in continuazione di non avere un soldo, di non poter affittare una sala prove e poi pagano biglietti di andata e ritorno in treno per solo “tentare” di convincerlo, senza nemmeno esitare o mostrare di aver usato dei soldi che non avevano, ma lo stesso produttore inizialmente ritroso e torvo per la sola richiesta, si converte nel lasso di uno stacco di montaggio, in memoria del figliolo morto. Vietato ai minori di 60 anni.

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