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2.2.17

Sleepless - Il giustiziere (Sleepless Night, 2016)
di Baran bo Odar

Sei anni fa Notte Bianca fu il B movie europeo della sua annata, una perla di grande thriller con trama poliziesca ma svolgimento da action movie. Nello stesso anno di The Raid (un film d’arti marziali rivoluzionario) e due anni dopo un altro film francese (La Horde, un horror) Notta Bianca anche svolgeva la sua storia in un palazzo, faceva partire i suoi personaggi fuori, gli dava un obiettivo per entrare e una serie di difficoltà per non riuscire ad uscire per tutta la notte, fino alla più classica delle mattine catartiche (quelle in cui la luce dopo tanto buio sembra una ricompensa e il sapore delle prime ore del giorno mette sonno). Sleepless - Il giustiziere deve riprendere tutto questo e adattarlo al cinema americano, potendo contare su uno spunto e motivazioni che non sono troppo lontane dalle idee dei film di serie B statunitensi. Nel fallimento di questo adattamento si misura tutta la difficoltà di un cineasta nel comunicare con il pubblico.

All’origine di tutto infatti c’è un pretesto con cui gli eroi americani hanno grande confidenza, il rapimento di un figlio (tanto che Luc Besson nell’imitarli, in Taken, proprio da quello è partito). Da maghrebini i protagonisti diventano afroamericani, sempre minoranze in un mondo che li etichetta subito come criminali anche se lavorano per la polizia (invece forse è un infiltrato, a meno che non menta), e rimane immutato il fatto che dopo che proprio due poliziotti abbiano rubato della droga ad un boss mafioso, questo rapisce il figlio di uno dei due per riavere la refurtiva e lo scambio deve avvenire di notte nella sua discoteca. Peccato che appena entrato il protagonista nasconda la sacca con la roba in bagno e la disciplinare (che aveva sospetti e lo seguiva) gliela prenda. Non ha nulla da scambiare ma deve riprendersi suo figlio. Ci vorrà tutta una notte di corse, violenza, spari, fughe, nascondigli e tradimenti per arrivare alla fine.

Andrea Berloff, sceneggiatrice bianca che se ne intende di fratelli neri (ha sceneggiato Straight Outta Compton) e di padri violenti in cerca di figlie (ha sceneggiato Blood Father), ricalca per bene tutto il meglio dell’originale ma se ne distacca quando è assalita timore di non coinvolgere il pubblico. Per amor di sintesi si potrebbe dire che il problema del film sta tutto nel non fidarsi del fatto che il suo pubblico capirà, e nel volerlo invece imboccare di continuo, così tanto che alla fine genera solo fastidio. Preso da solo Sleepless si arena di continuo, si ferma e uccide il ritmo, il confronto con lo stampo originale lo rende solo un po’ più chiaro. Gli sguardi svegli di Tomer Sisley di Notte Bianca, che con un’occhiata seguìta dal controcampo della cosa guardata fanno capire cosa abbia in mente, diventano spiegoni a parole. Il sentimentalismo essenziale e virile con il figlio diventa struggente pianto.
Questo è un cinema che nasce in America, eppure nel riappropriarsene (per quanto tramite un regista svizzero) sembra che paradossalmente l’etica di ferro del poliziesco e la sua durezza morale, male si adattino a Jamie Foxx e all’eroe stelle e strisce pieno di cose da dire.

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