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18.7.17

Spider-man: Homecoming (id., 2017)
di John Watts

Un eroe springsteeniano della classe operaia.
Così Tony Stark definisce Peter Parker. Forse “classe operaia” è una forzatura della traduzione italiana (probabilmente era “working class hero”), suona male in bocca ad un americano, ma rende bene uno dei molti contrasti di questo film. Magari non è proprio ciò che un fan dell’Uomo Ragno avrebbe detto dell’eroe, ma suona giust: Spider-man Homecoming fa di tutto per tenere l’Uomo Ragno su basi springsteeniane, dentro un quartiere periferico, irrequieto perchè sogna qualcosa di più grande, appoggiato alle ragazze, in lite con i padri delle ragazze, sempre lì lì per fuggire da un contesto che odia a parole (perché sogna di più) ma che in fondo ama e da cui fatica a separarsi. Un altro modo di dire “amichevole Uomo Ragno di quartiere” (che pure verrà detto più volte nel film). Un altro modo di spiegare come, di nuovo, i Marvel Studios abbiano centrato perfettamente l’adattamento cinematografico di un loro personaggio, contemporaneamente reinventandolo e rispettandone il retaggio.

Il confronto con i precedenti film è impietoso. Se i film di Raimi, nonostante i cinecomic siano passati ad una fase diversa, più complessa e adulta, mantengono una dignità in virtù di una fattura eccezionale  (il bacio al contrario un'invenzione visiva delle scene più iconiche, conosciute e amate della storia del fumetto al cinema), quelli di Marc Webb giocavano esattamente su questo terreno e sono ora inguardabili, benchè continuino ad avere l'impianto visivo migliore, più originale, competente e sofisticato.
Del terzo Uomo Ragno del cinema moderno non vediamo l’origine, non sappiamo nulla di uno zio, sappiamo solo che ha una zia. Ha già i poteri e non ha bisogno di traumi per capire le proprie responsabilità. Sembra davvero un ragazzino molto piccolo (no come Andrew Garfield o Tobey Maguire che all’epoca aveva 27 anni!), scemo e ingenuo, pieno d’energia e voglia di fare. Sprizza adolescenza da ogni poro e vederlo fare l’eroe così è un piacere. Non si tratta di fargli usare un cellulare per farlo così sembrare teenager o di metterlo dentro un liceo, si tratta di dargli la vera personalità di un teenager assieme ai poteri per vedere che succede, come le due componenti contrastano o si esaltano a vicenda, come essere super metta in mostra problemi, conflitti e qualità di un adolescente.

Se insomma il mood è perfetto, Jon Watts e i suoi 5 altri sceneggiatori, creano anche una storia con il punto di vista migliore. Minuscolo. Una che si permette anche di esplicitare una citazione di Una pazza giornata di vacanza (vediamo una scena del film in un televisore, girata allo stesso modo di un’altra che ha appena visto l’Uomo Ragno come protagonista).
Spider-man Homecoming è la storia in 3D (ma impressiona ben poco la terza dimensione) di un ragazzo con dei problemi che non escono molto fuori dalla sua high school, uno che sconfigge persone che contrabbandano materiale alieno, che si batte di nascosto da Iron Man (che è come fosse suo padre) per giunta durante il ballo di fine anno, con gli amici che lo chiamano per sapere dove sia. È un film che addirittura si permette una geniale metafora del conflitto genitori-figli nel viaggio in macchina verso il ballo (di certo la scena migliore del film per ritmo, intensità e per come arriva). Riuscendo così non solo ad essere un ottimo film di supereroi ma soprattutto un ottimo teen movie anche se non ci fossero stati i poteri!

Nella componente fumettistica è allora perfettamente funzionale Michael Keaton e il suo Avvoltoio. Capomastro di un’impresa che aveva l’appalto dello smaltimento rifiuti dopo il disastro del primo Avengers, gli viene soffiata la commissione e per non finire a terra ruba materiali alieni di quello scontro con lo scopo di fabbricarci armi potentissime da contrabbandare o tenere per le sue rapine. È insomma un imprenditore che ce l’ha con il sistema, a cui i ricchi (Stark) hanno levato qualcosa e che ora vuole riprenderselo con la violenza, un uomo che lungo tutto il film (fino ad un gran colpo di scena) passa da comprensibile a criticabile, da onesto lavoratore a menzognero padrone. È il vicino di casa medio, è l’uomo che incontri nel diner, l’America tradizionale delle piccole imprese, il papà di una compagna di scuola, un personaggio anche lui che abbiamo visto nei teen movie. Solo con un costume che lo rende un villain.

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