CONCORSO
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
Ella & John era un film facilissimo da sbagliare: una coppia di anziani fa un ultimo viaggio, di nascosto da tutti, e nonostante la senilità e forse il decesso imminente continua a volersi bene. Ci sono tutti gli ingredienti della ruffianeria più smaccata, della melassa retorica e del sentimento un tanto al chilo. C’è insomma dietro l’angolo il rischio del cinema più banale e quindi più insignificante. Virzì ha invece raggiunto un traguardo impensabile: trasformare un’idea senile e sempliciotta, in un film complicato e ambiziosissimo.
I perché e i per come del suo viaggio non sono mai davvero affrontati, perché il film sembra porsi continuamente una sola domanda: “Cosa è esattamente a tenere queste due persone innamorate realmente legate?” senza pretendere mai che il pubblico creda al sentimento che esiste tra i protagonisti solo perché è dichiarato. Al contrario ogni scena fa di tutto per dimostrare questo sentimento, per spiegarlo, analizzarne le cause ed effettivamente palesarlo allo spettatore con una varietà di idee e trovate tale che meraviglia come non sfocino mai nella retorica.
La trama ovviamente è un ottimo pretesto per unire insieme scene diverse, un viaggio fatto di episodi tra John, professore di letteratura appassionato di Hemingway che ora sta perdendo la memoria ed è sempre più svagato e non autosufficiente (anche se alcuni lampi di lucidità ci fanno vedere cosa fosse una volta), ed Ella, completamente diversa da lui, molto più leggera ma dall’intelligenza acuta, ancora sveglissima e con un atteggiamento che di fatto fa il film. Determinata, cocciuta, dotata di una favolosa impermeabilità ad ogni regola che le viene da una tenacia commovente verso il suo obiettivo, Ella vuole portare questo marito di cui è così evidentemente innamorata con sé in un ultimo grande viaggio, contro tutto e tutti, pieno di difficoltà che tuttavia non la spaventa, sebbene la sua sia l’unica testa che funziona della coppia.
Come sempre in Virzì non c’è niente su cui non si possa ridere e la commedia non è mai sinonimo di ridicolo, anzi ogni debolezza ed ogni problema comico portano più empatia verso i personaggi, gli donano un’umanità fragile che li nobilita, avvicinandoli a noi invece di farne dei clown.
Evidentemente non siamo lontani dal viaggio delle due matte di La Pazza Gioia, cioè da una storia in cui una maniera strana e divertente di vivere la vita data dalle “disabilità” dei protagonisti è la porta per sentimenti profondissimi (non stupisce che anche questo film sia scritto con Francesca Archibugi e l’aggiunta di Francesco Piccolo). E per fortuna non siamo nemmeno lontani dallo “stile Virzì”, cioè dalla sua passione per un lavoro maniacale su luoghi e recitazione, quest’ultima fomentata da Helen Mirren e Donald Sutherland, in forma come non li vedevamo letteralmente da anni.
Tramite loro Ella & John si può permettere l’inconsueta ma straordinaria decisione di puntare tutto sullo sguardo reciproco. Raccontarli a partire da cosa vede lei in lui, e cosa lui in lei.
Costantemente nelle scene i due si descrivono, si sistemano a vicenda, si raccontano agli altri lasciandoci intuire cosa nell’uno abbia fatto impazzire l’altro, cosa lo o la attiri, cosa li appassioni e continuino a cercare. Questo film così delicato che spiazza subito, commuovendo fin dai primissimi minuti, riesce a raggiungere quell’equilibrio che è l’El Dorado di ogni cineasta che ambisca a raccontare i sentimenti: fare di piccoli gesti la sintesi di sentimenti inspiegabili a parole. Basta che Ella metta gli occhiali a John mentre lui dorme o che lo descriva come un professore dignitoso, per suggerirci quanto sia innamorata di quel suo lato. E viceversa la stima che lui ha per l’anima dinamica di lei, così impervia ai suoi libri, così fieramente praticona e addirittura reaganiana, passa da ogni risposta affermativa e deferita di lui alle intemperanze di lei.
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