Il tentativo è chiaro: replicare Ocean’s Eleven con altri attori e un setting diametralmente opposto. Se quella è una serie di film fatti di interni sofisticati, ladri belli e audaci, lusso, grandi hotel e abiti firmati, questo sarà un film ugualmente di rapina, ugualmente fondato sulle storie di persone che per andare avanti mettono a punto un grande colpo ma ambientato tra i redneck, i bifolchi dell’America centrale. E se Danny Ocean svaligia casino, i bifolchi svaligiano la motorspeedway, cioè il circuito in cui si tengono le corse automobilistiche.
Allo stesso modo, se nella saga che aumentava di numero ad ogni nuovo film c’erano alcuni degli attori più belli di Hollywood, noti per il carisma e il sex appeal, in questo ci sono (Channing Tatum a parte) una serie di attori che non puntano sull’appeal ma sul carattere. Così c’è Adam Driver (il migliore, o meglio l'unico capace di modulare i registri di commedia e d'azione mantenendo vivo anche quello drammatico), un Daniel Craig reso albino e pazzoide con degli occhi troppo chiari e troppo spalancati, c’è Katie Holmes più in forma che mai e uno strano villain da macchietta interpretato da Seth McFarlane.
Nonostante Soderbergh ci metta tutto il proprio mestiere e la propria fissa (in questo tipo di film) per le inquadrature a stringere e ad allargare, che così facendo svelano la scena o un dettaglio, lo stesso Logan Lucky corre rapido e corretto ma suona senz’anima. È evidente che contrariamente ad altre volte, in questo caso c’è un’urgenza d’incasso dietro il progetto, Logan Lucky è stato realizzato in completa indipendenza, al di fuori di ogni studio, catena di distribuzione e ogni tipo di ingerenza.
Solitamente si tenta di restare davvero indipendenti per film che nessuno avrebbe potuto produrre e non per il clone del proprio franchise di successo. Se dunque Soderbergh ha optato per questo progetto è per dare sostanza e credibilità al suo sistema.
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