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22.8.18

Darkest Minds (id., 2018)
di Jennifer Yuh

Stato totalitario, il mondo è contro i ragazzi come in Hunger Games o Divergent, quelli dotati (come fossero gli X-Men) vengono detenuti e suddivisi in categorie a seconda di quanto siano pericolosi (verdi, blu, gialli, arancioni, rossi). I più temibili sono addirittura soppressi subito, è il destino che toccherebbe alla protagonista se non fosse che proprio il suo potere e un aiuto esterno la mettono in guardia. Controlla le menti e lo farà con la persona che dovrebbe darle il codice rosso e invece, influenzato, gliene darà uno verde. Sotto mentite spoglie per anni vive in un campo di lavoro con altri come lei. Non è ben chiaro perché proprio un campo di lavoro, a cosa lavorino e con quali strategie dei potenti o quali convenienze, ma tanto non sarà l’unico dubbio a cui la trama presterà il fianco.

L’intreccio si metterà in moto quando verrà scoperta, dovrà evadere e incontrerà altri più o meno come lei (ma non dotati quanto lei) con i quali raggiungere un porto franco in cui i ragazzi evasi e mutanti, organizzano una vita libera da costrizioni di una società che li teme. La metafora è chiara, i ragazzi sono i diversi e la società sopprime quella diversità, ma non ha niente della sofisticazione di simili paralleli fatti in franchise migliori come il già citato Hunger Games (in cui la società degli adulti fa massacrare i ragazzi per il proprio benessere e sollazzo). Il vero problema però è che purtroppo tutta questa odissea e quel che accadrà arrivati a destinazione è recitata malissimo. Da questo discende ogni guaio di un film che in fondo (poverino) desiderava solo essere molto convenzionale, un teen fantasy con protagonista femminile e conseguente doppia linea sentimentale, tutto necessità di fiducia in se stessa e scoperta del cinismo del mondo.

Darkest Minds però è recitato così male che la protagonista stessa sembra un po’ scema, ed è scritto con così poca abilità che i personaggi non riescono ad avere una propria personalità ma solo una presa in prestito da altri film simili, ricalcata su altri modelli, i soliti, i più noti e di conseguenza i meno significativi. Incapaci di distinguersi da altri personaggi di film equivalenti, quelli di Darkest Minds si muovono obbedendo ai propri luoghi comuni come zombie agiti dalle convenzioni del cinema.

Così anche il confronto finale con il grande villain, la separazione del team di protagonisti e il conseguente lancio dei prossimi film e di un possibile franchise è fatto malissimo. Manca totalmente la tensione, ciò che è stato svelato sulla grande trama non riesce a creare curiosità, non è disturbante e misterioso quanto serva e il mondo imbastito non ha nessun fascino. Impossibile non pensare a cosa faceva più di dieci anni fa Chris Columbus con Harry Potter in un primo film esemplare, che mostrava pochissimo della grande trama eppure imbastiva curiosità, tensione e desiderio di continuare a seguire quelle avventure.

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