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1.8.19

Dolcissime (2019)
di Francesco Ghiaccio

Se questo è il team che realizzerà lo spin-off di Gomorra su Ciro L’Immortale butta malissimo. Marco D’Amore alla sceneggiatura, Francesco Ghiaccio alla regia e sceneggiatura realizzano un film sportivo al femminile, uno che insieme combatte il body shaming (le protagoniste sono tre amiche sovrappeso prese in giro per questo) con un capovolgimento tipico di commedie come Quattro Sottozero (invece di vergognarsi di andare in piscina decideranno di formare un trio di nuoto sincronizzato per gareggiare), tutto nella cornice del cinema sportivo (quello in cui un obiettivo sportivo è in realtà il pretesto per il raggiungimento di un obiettivo umano e migliorare se stessi).

Le Dolcissime sono una squadra che deve davvero diventare tale e facendolo risolve il conflitto con la ragazza carina, magra e capitano del team di nuoto sincronizzato del liceo che inizialmente aveva diffuso online un loro video in costume per prenderle in giro. L’annullamento di questo conflitto arriverà quasi subito e proprio il loro nemico dovrà allenarle. Accade così che progressivamente nonostante Dolcissime voglia aderire al cinema sportivo ne neghi i presupposti molto maschili (contrapposizione ad un nemico, lotta per migliorarsi, obiettivi chiari e decisioni di ferro) per trovare un percorso più femminile per arrivare al miglioramento umano tramite lo sforzo fisico (risoluzione dei conflitti, compromessi e mediazioni). Il miglioramento di sé e della propria vita tramite il lavoro sul corpo e la fatica tipico di quel genere è sostituito dal suo contrario: imparare ad accettarsi.

È narrativamente molto complicato e difficile appoggiarsi ad genere ribaltandone struttura e valori di fondo, uno che Dolcissime non sembra davvero avere le spalle e la forza per raggiungere. Non lo aiuta di certo il fatto che quasi ogni membro del cast non recita ad un livello sufficiente per quello che gli viene chiesto di interpretare, o che le battute che sono chiamati a pronunciare spesso non abbiano senso (“È il nostro modo di dire che ci siamo anche noi” è solo una banalità che non vuol dire nulla). Ma su tutto è il fatto che le molte decisioni e valutazioni siano prese e capovolte repentinamente e senza motivazioni che il pubblico possa comprendere ad un livello più profondo del solo averlo ascoltato.

A partire dalla scelta del nuoto sincronizzato le protagoniste sembrano vivere di colpi di testa, tra loro passano dall’odio all’affetto senza costruire le svolte, le scelte e i sentimenti. In questa mancanza di coesione si sente subito l’assenza di coerenza emotiva. Accade così che come molti film ad esso simili (italiani, legati agli adolescenti, con una patina di genere) Dolcissime mostri di avere seri problemi di interazioni realistiche, cosa che affossa la credibilità sentimentale. Non crediamo nemmeno per un momento ai loro sentimenti perché nonostante la sceneggiatura glieli faccia pronunciare e spiegare spesso a parole, la maniera in cui interagiscono non ce li fa percepire o ce li fa percepire come artificiosi, recitati, fasulli.

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