Le commedie italiane, in media, non fanno ridere. Diventa evidente davanti ad una come questa che invece fa ridere e ricordando subito come funzionano queste cose. Funzionano che gli attori interpretano bene una sceneggiatura scritta in modo che l’ironia ci parli della trama e dei personaggi, e lo fanno in certi casi aggiungendo dettagli di recitazioni che enfatizzano l’umorismo. Funzionano che tutto ciò è diretto da una regia che non si limita da dargli spazio ma collabora con loro con le armi della composizione delle inquadrature e del montaggio per aiutare le battute, dargli respiro, non accavallarle e in certi casi fornire una risata in più solo con un tempo di montaggio.
Questa è l’unica maniera in cui può accadere che due attori molto bravi come Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi sembrino dare il loro meglio e un autore di testi come Mattia Torre sembri aver scritto la sua sceneggiature definitiva.
Figli viene infatti da un monologo di Mattia Torre che lui stesso, prima di morire, ha adattato in film poi diretto da Giuseppe Bonito. Ed è abbastanza evidente dalla quantità di pezzi di monologhi che costellano il film, spesso affidati a voci fuoricampo, altre volte recitati in campo, altre volte inseriti in dialoghi innaturali ma esilaranti. Tutto il tono del film infatti oscilla tra il concreto e l’ideale, tra l’immaginario e l’iperrealista, creando un’aria solo vagamente surreale che come spesso capita racconta le storture della realtà molto meglio di un insistito realismo.
Simbolo di tutto ciò è la trovata metanarrativa di sostituire il pianto del bambino con un brano di Beethoven. Ottima idea di scrittura che viene recitata bene e utilizzata moltissime volte senza mai risultare stucchevole, perché scrittura e regia ogni volta trovano una chiave diversa per rendere il tormentone inatteso e funzionale. Questo ha un nome semplice: lavorare bene.
Dunque non sono certo la capacità e la qualità della fattura comica a deludere (anzi sono un toccasana), ma è semmai cosa il film voglia fare con tutto questo. Perché Figli decide di piegarsi a recitare una lunga ode dei protagonisti, della generazione dei protagonisti e della categoria dei protagonisti (i genitori di 40-50 anni). Mette i due genitori buoni, retti e pieni di ottime intenzioni in un mondo ostile che li scoraggia, vessa il loro desiderio di essere genitori e li rende martiri. Se parte di questo è la naturale rappresentazione di autentiche difficoltà, il tono con cui è messo in scena cerca il compiacimento più totale. Liscia il pelo, accarezza e conforta. Incolpevoli di tutto i genitori sono elevati e lodati di continuo perché escano dal cinema rinfrancati e fieri di sé.
In questa maniera Figli si preclude la possibilità di una visione complessa o di un’idea complessa di società, rinuncia a dire qualcosa al suo pubblico che non sia quel che già, reconditamente questo pensa di sé, alimentando il risentimento invece di stimolare l’autocritica. Soprattutto tutto questo risulta in un film divertente, ben realizzato, sveglio, intelligente e acuto ma paradossalmente mai capace di diventare memorabile.
Post più popolari
-
E' parecchio che mi gira in testa il pensiero che i grandi film forse facciano più danni che altro, perchè diventano degli standard dai ...
-
POSTATO SU La cosa che preferisco di tutta quest'idea di fondo che sta prendendo forma alla base della trilogia di Madagascar è il fatt...
-
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri (id., 2017)
di Martin McDonaghCONCORSO MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA C’è stato un fatto efferato, una ragazza è stata bruciata e violentata, ma a quanto pare non si... -
Non ho mai amato particolarmente i film di D'Alatri , benchè gli riconosca una cera abilità non mi sono mai lasciato affascinare nè dai ...
-
POSTATO SU Da un po’ Spike Lee sta ampliando i suoi orizzonti. Si pensava che Inside Man fosse un lavoro alimentare, una concessione ai g...
-
PANORAMA BERLINALE 2013 PUBBLICATO SU Gli attivisti di oggi non stanno per strada, stanno su internet. Simon Klose ha seguito nei 5...
-
Noto in Italia con diversi titoli (anche Quelli che camminano sulla coda della tigre ) il quarto film di Kurosawa visto con gli occhi di un...
-
Hitman è un film da paesani. Nè più nè meno. E per paesani non intendo la gente che viene dai paesi ma lo stereotipo mentale che un uomo di...
-
Questo secondo adattamento per il cinema della serie tv Charlie’s Angels (ma terzo film perché il primo adattamento del 2000 ebbe un seque...
-
I guardiani della galassia (Guardians of the galaxy, 2014)
di James GunnChe in James Gunn ci fosse più di quel che appariva dai film Troma di fine anni '90 era evidente per chi avesse amato Super e per chi c...
Archivio
Template modificato con il sudore della fronte da Gabriele Niola.
2 commenti:
"Funzionano che..." la grammatica di Niola è imbattibile.
Non posso negare che sia una cosa eroica venire fino a qua a portare le tue critiche.
Prima pensavo fossi solo un coglione, ora devo aggiungere "eroico coglione".
Posta un commento