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15.2.06

Le fiction dei telefonini bianchi, ovvero c'è un legame tra fiction italiane e crisi delle sale?

Premetto che non sono daccordo col dare un giudizio di merito a prescindere ad una forma espressiva in sè, per questo non penso che i reality show siano il simbolo dell'ignoranza (penso altresì che alcuni facciano davvero pena, ma non tutti) e non penso che le fiction italiane siano il regno dell'incompetenza (anche se alcune toccano vette di dilettantismo uniche cazzo!).
Detto questo non posso fare a meno di notare che le fiction italiane degli ultimi anni sono ciò che di più vicino c'è al cinema dei telefoni bianchi.
Per chi non lo sapesse con l'espressione "cinema dei telefoni bianchi" si intende il periodo della produzione cinematografica italiana sotto il fascismo nel quale si facevano unicamente commedie rassicuranti ambientate in contesti alto-borghesi, che non offendessero nulla e nessuno e fossero il più spensierate, superficiali ed innocue possibili. Il nome viene dal fatto che i telefoni erano quasi sempre di marmo bianco, simbolo di ricchezza.
E mi sembra proprio che le nostre fiction siano tutte girate aderendo (involontariamente) a quegli standard.
Il cinema dei telefoni bianchi ha avuto il contributo della professionalità di gente come Rossellini, De Sica (sia da regista che da attore), Camerini, Anna Magnani, Blasetti, Matarazzo ecc. ecc. Era un cinema con moltissime limitazioni e che quindi con difficoltà ha prodotto cose buone, ma è sbagliato saltarlo a piè pari o considerare tutto quel periodo uno schifo. Allo stesso modo non voglio considerare a prescindere tutta la fiction italiana uno schifo, ammetto anche di conoscerla poco.
E' piuttosto la similitudine tra quest due forme di narrazione ad interessarmi.

La proposta si concentra sempre quasi sempre in interni molto borghesi e storie che inevitabilmente finiranno bene, con l'unica variante dell'opera in costume che si concentra sempre su periodi storici caratterizzati da fortissime divisioni sociali (stile Elisa di Rivombrosa). Soprattutto si parla sempre di storie d'amore tormentate e persone con problemi da ceto medio-alto, se non medio -molto-alto, eppure il pubblico che fa la differenza (quello che determina il successo) non appartiene di certo al ceto medio-alto, ma neanche a quello medio direi. Posso quindi capire l'appeal di un prodotto (trallaltro anche ben congeniato) come Elisa di Rivombrosa (storia tormentata di una sguattera settecentesca e del suo amore un uomo di diversa estrazione sociale), ma se penso a tutte le altre fiction che non ritraggono argomenti popolari (Montalbano e RIS, per dire, sono quindi esclusi da questa discussione) mi viene da pensare che la ragione del loro successo risieda unicamente nella capacità di far sognare un'altra vita. E allora non posso non chiedermi: "Ma non è questo lo specifico cinematografico?" ci lamentiamo che non c'è più il cinema di una volta, ma queste produzioni, per lo più mediocri, non sono forse quello che assolve a quella funzione di proiezione dei propri sogni e mitopoiesi popolare alla quale il cinema non assolve più? Non sono queste produzioni a soddisfare quel bisogno che una volta il cinema soddisfava e quindi ad allontanare il pubblico popolare dai cinema?

Stanno in tutta un'altra categoria tutte quelle produzioni celebrativo/agiografiche colme di valori italico-cattolici mandate in onda su Rai1 per bigotti accaniti e italiani all'estero tipo Papa Giovanni, Padre Pio - Uno Di Noi, Enzo Ferrari - Un Uomo Un Cavallino, Il Grande Fausto, Paolo VI - Il Papa Che Sapeva Amare ecc. ecc. che non a caso molto spesso sono produzioni internazionali con attori stranieri.

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