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30.8.06

Il Testamento Di Orfeo (Le Testament d'Orphée, ou ne me demandez pas pourquoi!, 1960)
di Jean Cocteau

Jean Cocteau, poeta, pittore, surrealista, artista a tutto tondo emblematico del novecento nel suo ultimo film (che per l'appunto è il suo testamento) tira le somme di una carriera, si mette in primo piano (è lui il protagonista, interpretando se stesso) e affronta il ruolo del poeta (o dell'artista si potrebbe dire) nella modernità, mettendo nel film anche molti altri artisti dell'epoca, su tutti è riconoscibilissimo Picasso.
Impegno non facile che però Cocteau risolve con ragionevolezza, continuando a puntare su quelle che da sempre sono le sue ossessioni: l'aldilà, il doppio e lo straniamento.
Girato in una maniera che risente molto delle mode del momento (è il 1960, l'anno prima sono usciti Fino All'Ultimo Respiro e I 400 Colpi e Truffaut ha aiutato a produrre il film (e nella prima scea c'è Jean-Pierre Leaud un po' più grande di com'è ne I 400 colpi e un po' più piccolo di com'è in Antoine e Colette)) in modo da palesare in ogni momento la mano di un autore, di un demiurgo che manipola il girato per rivoltarlo a suo piacimento, il film si bea di se stesso e in una costante tensione all'allusione ed alla metafora raggiunge il suo acmè nel momento in cui Cocteau incontra se stesso.
Il tema del doppio che aveva da sempre affascinato l'autore francese si rivolge contro di lui e così egli è costretto a guardare se stesso ed interrogarsi su chi sia e cosa stia facendo e la risposta è: "Forse lui va da dove sei venuto tu e tu vai da dove viene lui".

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