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7.11.06

Tacchi A Spillo (Tacone Lejanos, 1991)
di Pedro Almodovar

Alle volte si creano dei miracoli percui tutto va per il verso giusto, talmente tanto che anche se c'è qualcosa di storto, a fronte di tanta bellezza diventa bello anche quello. Sarà l'ispirazione, saranno i collaboratori giusti, sarà quel momento particolare, ma Tacchi A Spillo è uno dei film più belli e "perfetti" di Almodovar.
Eccessivamente melodramatico, pop, complesso, narrativamente stratificato, ibridato con la commedia in più punti, serio eppur faceto, questo film apre la strada agli anni '90 periodo in cui Almodovar si consacra allontanandosi sempre più dalle commedie per approdare agli almodrammi. In nuce già c'è tutta quella visione della vita abbozzata nei film precedenti e confermata in quelli successivi, un miscuglio di incastri al limite del credibile e colpi di scena melò. Come sempre i personaggi benchè apparentemente distanti si incontrano di continuo in circostanze fortuite come agiti costantemente dal destino.
Eppure non è la narrazione estremamente complessa (esemplare la scena della confessione in diretta televisiva) e al tempo stesso agile (che questa volta si prende anche tutto il tempo che vuole per raccontare una storia densa con la giusta lentezza), non sono le immagini sempre più elaborate e raffinate, non è la recitazione curatissima nè (ed è strano dirlo) le musche di Ryuichi Sakamoto a rendere incredibile questo film. Come sempre in Almodovar il segreto è altrove. E' la capacità tutta postmoderna di riuscire a scindere perfettamente in due fabula e intreccio (per usare termini semiotici), riuscire cioè a prendere una storia da fotoromanzo (ricca di banali colpi di scena ad effetto, inverosimilmente melò e colma di stereotipi popolari) e raccontarla in una forma altissima che riesca a rendere tutto credibile. E' il modo di porre le cose che fa la differenza e che gli permette di mostrare storie altrimenti inaccettabili, insistendo sulle scene madri, mostrando di continuo agnizioni, confessioni e rivelazioni e facendo sempre leva sull'empatia del quotidiano. Quando ad un certo punto ad un personaggio viene rivelato a sorpresa che è incinta in sala si è udito distintamente il respiro di stupore (con relativa mano davanti alla bocca) di una ragazza. Questo è il pop di Almodovar, riuscire ancora a creare emozione e stupore nello spettatore totalmente invorticato negli eventi del film, è una cosa da cinema anni '50, quando gli spettatori erano meno smaliziati e così l'industria. E' il piacere di raccontare.
Almodovar è popolare nel senso più stretto del termine, è un Raffaello Matarazzo postmoderno, dotato di una chiara coscienza di sè e di una profonda conoscenza e passione cinefila. Davanti ad un film di Almodovar ci si commuove quando la protagonista dice: "L'ho ucciso perchè pensavo che così avrei ucciso anche l'amore che provavo per lui, ma mi sbagliavo", cosa impensabile in altri film. E' questa l'inimitabile magia che il racconto almodovariano sa creare.

4 commenti:

Unknown ha detto...

e va bene che ti piace almodovar ma per caso da qualche parte stanno dando una retrospettiva?
cioè in caso segnala... condividi col tuo pubblico...


gparker ha detto...

Esatto c'è una retrospettiva al filmstudio su tutto il cinema postmoderno spagnolo.
Avevo pensato di segnalarla ma poi mi è sembrato un po' provinciale segnalare una cosa cittadina in un blog letto in tutto il mondo e potenzialmente in tutto l'universo...


Unknown ha detto...

vero scusa.
e pensare che ricevo pure la niusletter del filmstudio, sono troppo distratta.
ah! saluto mamma, papà e gli amici di saturno!


gparker ha detto...

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