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5.11.07

I Vicerè (2006)
di Roberto Faenza


Cosa è peggio: un brutto film che si propone come terra-terra e utilizza mezzucci popolari per accattivarsi un pubblico sempliciotto o un brutto film che si propone come adattamento di una grande opera letteraria e che ha la volontà di operare una complessa riflessione sul presente?
Ecco io rispondo senza nemmeno un secondo di esitazione la seconda.
Perchè se partiamo dal presupposto che il brutto cinema non può non esistere, non solo come controparte di quello bello (nell'eterna dialettica tra le forze del bene e quelle del male) ma anche come necessaria parte del sistema-cinema nel senso industriale e di mercato, possiamo affermare che quantomeno il brutto cinema a qualcuno deve piacere, quantomeno deve incassare (se non altro) e non ingannare nessuno proponendosi per quello che è!

I Vicerè è un prodotto blandamente televisivo che viene spacciato per cinema grazie a qualche accortezza di linguaggio cinematografico. Recitato malissimo e montato da un tossico in fase terminale durante l'ultimo rave della sua vita (stacchi di montaggio assassini con personaggi in posizioni diverse!!), il film di Faenza è sbandierato come un duro atto di protesta, la messa in scena di un romanzo "censurato da 100 anni" (giuro! Frase testuale che leggete anche sui cartelloni), che sarebbe stato rifiutato da Venezia e da Roma per inesistenti motivi politici e che parla di temi scabrosi non risparmiando stoccate a nessuno ma in realtà è un prodotto qualunquista che farebbe pena a Beppe Grillo.
Durissime le scene dove si vedono dei frati benedittini che ricevono le visite di donne di malaffare durante la notte, per non dire della dura requisitoria finale del protagonista che arriva ad affermare addirittura che destra e sinistra sarebbero uguali e che i politici cercano solo il potere. Roba da fare vero scandalo!!
"Un film da proiettare nelle scuole" è stata la frase più ripetuta in conferenza stampa (posso parlare solo per la prima metà perchè ad un certo punto mi sono alzato e me ne sono andato), reiterando una visione contenutistica della cultura all'interno della quale la forma non conta nulla e un'opera vale unicamente per il messaggio che manda e non per ciò che mostra e come lo fa. Mi si è accapponata la pelle.
I Vicerè non ha il minimo senso del cinema, nè una qualche volontà di mostrarlo. L'adattamento di Faenza del libro di De Roberto è una squallida e scialba riproposizione di luoghi comuni cinematografici, tutto urla, pianti e inquadrature al rallentatore.

Sembra (e dico sembra perchè chiaramente non ho prove di nulla) che il regista sia stato fatto ostaggio degli agenti degli attori, i quali lo hanno obbligato a prevedere continue inquadrature espressive e scene con esplosioni di rabbia e recitazione sopra le righe.
Unico momento cult quando Lando Buzzanca si tiene il viso con le mani e urla di dolore con un'inquadratura che gli stringe il viso. Sembrava una commedia trash anni '70. Unico momento di vero cinema: la comparsa del nome di Milena "IL MITO" Canonero sui titoli di coda.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Stavo leggendo giusto prima un articolo sul film su un rotocalco italico. Dicono che poi approderà in una "versione lunga" anche sulla RAI. Ciò mi fa aumentare il sospetto che è davvero un prodotto televisivo spacciato per cinema. E Buzzanca che si beava per questo ritorno alla sala dopo anni e anni...


gparker ha detto...

Che vergogna....


Anonimo ha detto...

a me farà sempre più schifo il primo tipo di film che elenchi.
Il secondo con tutto che è insopportabile, non mi da fastidio solo a guardare i cartelloni....

Certo nel caso specifico i cartelloni parlano di storia censurata per cento anni, e visto la grande abilità di questi nostri registi, posso solo immaginare la bellezza di questo film. (ci tengo a dire però che Faenza ha fatto un bel film: Sostiene Pereira con Mastroianni, una delle sue ultime interpretazioni...)


gparker ha detto...

No io in fondo in fondo (ma proprio in fondo) ho un minimo di rispetto per la prima categoria. Anche se proprio non mi piacciono non posso che ammettere che fanno un lavoro, assolvono ad una funzione, in sostanza a qualcuno piacciono e fanno soldi, muovono l'economia del cinema.


Anonimo ha detto...

Ormai esiste un vero e proprio filone o sbaglio...?


gparker ha detto...

C'è sempre stato.
Il cinema popolare di cattiva qualità, semplice fattura e alti incassi c'è in tutto il mondo in ogni epoca. In America sono le commedie idiote o i film di The Rock, in Italia sono sempre state commedie (dai film di Celentano ai cinepanettoni, dai film di Little Tony a quello di Castellano e Pipolo) e in Francia sono le cose come I Visitatori.
E' una parte necessaria del sistema perchè è tanto il pubblico che vuole cose semplici e banali "il piacere del già visto" di cui parla anche Eco. Certo poi una volta ogni morte di Papa c'è chi infila il capolavoro riuscendo ad accontentare anche il pubblico semplice, ma si parla di casi e non della regola.

Non ci possiamo liberare del brutto cinema come non ci si può liberare dal male. Ma è comunque nostro dovere additarlo in continuazione e combatterlo. Per sempre.


Anonimo ha detto...

Bella l'ultima parte molto idealista ed estrema.
Poi io mi infervoro sempre quando sento dichiarazioni di guerra completamente folli....


Fabio ha detto...

Me la metto in firma questa, pure su wikiquote deve finire.


gparker ha detto...

potremmo farci un giuramento come quello di Ippocrate da far fare a tutti i laureati alla scuola nazionale di cinema.


Anonimo ha detto...

Abbiamo visto un film diverso e una conferenza diversa...a quanto pare. Mi piace che poi si dice in giro che il cinema italiano non cresce, non è un'industria...non azzarda. CARO, carissimo gparker, i critici cinematografici italiani sanno solo dire "bel montaggio, fotografia scarsa, senso del cinema, tecnicismi, inquadrature..."? Ma perchè non si chiedono come mai nessun regista prima ad ora era riuscito a fare un film su un romanzo come questo? Perchè nessuno in conferenza chiede "Faenza, 01, Produzione...cosa vi ha mossi a fare un film su I Vicerè? E (mi dai tu il la per parlarne) perchè (visto che eri presente in conferenza) non hai chiesto come mai il pay off della locandina è "un romanzo censurato per oltre 100 anni"??? io l'ho chiesto (forse tu eri già andato via...) e se cerchi bene nel mio blog trovi una meraviglia di risposta.
Dimenticavo che ho fatto un pò di giri sui siti dei nostri colleghi...e fa impressione che ci siano opinioni così diverse. Penso che una "critica" corretta debba (andando oltre i pareri personali, che ovviamente è giusto che siano diversi) prima di tutto INFORMARE il pubblico su cosa andrà a vedere, su come è stato fatto il film e sul perchè sono stati investiti dei soldi su quel prodotto/arte. Dare una personale opinione con parole grosse ("Recitato malissimo e montato da un tossico in fase terminale"), mosse forse solo da "impostazioni mentali fisse", a che serve? ma sopratutto a chi serve? Cosa è peggio: un personale parere che si propone come terra-terra e utilizza mezzucci popolari per accattivarsi qualche commento in più o una brutta recensione che si propone come grande opera di giornalismo erudito che osteggia fatti personali, mascherati da presunzioni oggettive, dichiarando di non aver nemmeno seguito tutta la conferenza?


Anonimo ha detto...

oddio l'ennesimo rompicoglioni che manco si firma...


Anonimo ha detto...

Con la scena finale Roberto Faenza riprende il discorso lasciato in sospeso (non per sua volontà) nel 1978, quando con il censuratissimo “Forza Italia” fece un quadro satirico e impietoso della classe politica del tempo. Oggi grazie ad un romanzo censurato (non a caso), si ricollega alla storia, rappresentando sui titoli di coda (volutamente fuori tempo massimo, perché gli spettatori si sono già alzati) il silenzio irreale che avvolge i banchi vuoti di Montecitorio. Una firma pessimista e feroce al limite del nichilismo, in calce ad un film che può irritare, sconvolgere, indignare e offendere ma che, coraggiosamente, non mente mai. “Ora l’Italia è fatta, chissà quando, e se, si faranno gli italiani”, chiosa Consalvo guardando dritto verso il pubblico.

di Fabrizio Fogliato


Anonimo ha detto...

ahia... tutti avversari tosti sto giro.
Parker il mio consiglio è sempre quello. SBROCCA PER PRIMO.


Anonimo ha detto...

Non ho visto il film e quindi non posso intervenire nella questione, ma una cosa me la chiedo: da un adattamento letterario di un importante romanzo italiano, non è lecito aspettarsi PER LO MENO che il titolo sia scritto in italiano corretto?
Secondo me quell'accento grave, e sbagliato (bisognerebbe ovviamente scrivere viceré) non è certo un bel biglietto da visita.


Anonimo ha detto...

PER LO MENO IL TITOLO E' IN PERFETTO ITALIANO. =)

Caro OhDaesu,
chi meglio di me, autore della locandina, del complesso identitario e del sito, può rispondere al tuo post...!?

Il rimando al nome e all'opera originale di De Roberto è proprio lì, nell'accento finale!
Infatti il titolo presenta l'accento grave in finale di parola proprio nel rispetto della consuetudine grafica di Federico De Roberto ("I Vicerè", 1894)

Un saluto
Edoardo Campanale | art director


Anonimo ha detto...

Non avrei mai pensato che l'edizione originale avesse l'accento grave, ma del resto non avrei nemmeno mai pensato che l'autore della locandina in persona mi rispondesse! Quando si dice una risposta competente.
A quanto pare avevo torto, mi scuso ^^

Ohdaesu


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